Psicologia

Il giudizio degli altri non definisce chi sei

I giudizi ascoltati in famiglia, a scuola, dagli amici, dagli istruttori sportivi, tendono a darci un’etichetta, una definizione che poi ci condiziona. Il guaio principale è che cresciamo in un ambiente che tende alla definizione perpetua, alla catalogazione, alla classificazione.

Si comincia dai genitori: “è un bambino così dolce, una peste, un terremoto, un angelo…”. A scuola si prosegue: “è un alunno timido, estroverso, indisciplinato, studioso, menefreghista…”. Si continua con gli amici:” è un tipo solare, è uno a posto, è inaffidabile, è una brava persona ma…”. Ci sono poi le somiglianze: “è tutto suo padre, ha preso il carattere del nonno, ha il talento della madre”. Ed i paragoni? “tuo fratello è più attento, se vuoi fare strada nella vita impara da tuo cugino che è più sveglio”. 

Questo insieme di definizioni ha tratteggiato con il tempo un identikit con cui nel bene o nel male ti sei trovato a fare i conti. Sia che tu lo abbia sposato più o meno consapevolmente, sia che tu abbia lottato per modificarlo, lo hai comunque dato per scontato. Ti sei fatto l’identikit, o te lo sei lasciato fare, quasi fossi un colpevole o un fuggiasco. Ed in fondo lo sei. Infatti sei in fuga da te stesso. Vuoi essere te stesso? Per prima cosa smetti di identificarti, smetti di definirti. Più ti chiudi in un ritratto e più ti sentirai male quando succederà qualcosa per cui agirai in contrasto con ciò che credi di essere. 

Pensa a tutte le volte in cui ti sei sorpreso di te stesso, nel bene o nel male. Ad esempio io tendevo sempre ad ascoltare i giudizi dei miei parenti, all’epoca ero la pecora nera, sbandata, alcolizzata. Quando smisi di bere, ebbi una grande sorpresa di me stessa, avevo rotto lo schema. Pensare di essere incapaci, e invece poi cavarsela alla grande. In questi momenti rivelatori ti sfiora il sospetto di non conoscerti affatto. Tanto che talvolta arrivi a sospettare di ospitare dentro di te un personaggio nascosto, verso il quale, a seconda dei casi, provi ammirazione o diffidenza, orgoglio o repulsione, attrazione o terrore. 

E spesso cadi nel senso di colpa, quando compi “un’azione non da te”. Più ti scopri diverso da come ti sei dipinto, più la stima di te si intacca, tanto che cominci a nutrire la sensazione di aver tradito la tua identità profonda. In realtà hai solo squarciato il pessimo ritratto che avevano fatto di te stesso, e hai fatto emergere tracce del volto diverso che possiedi. 

In realtà sin dalla prima infanzia dentro di noi convivono modi di essere opposti e tendenze divergenti. Tu sei una cosa, ma sei anche il suo contrario, e in modo del tutto naturale. La contraddizione è un elemento portante del nostro essere. Senza di essa saremmo inchiodati alla falsità. Ma come fare concretamente per non fissarsi in un singolo personaggio? Per prima cosa smetti di autodefinirti, interrompi la catena di montaggio delle etichette. Non darti mai per scontato. Non sei un ingranaggio o una macchina… l’anima non conosce automatismi, schemi, ripetizioni. 

Ho scritto questo articolo perché io vengo sempre giudicata, definita, etichettata. È bella, allora sarà sicuramente stupida, ha il fisico così? È tutta rifatta. Io ho smesso di ascoltare e soffrire per queste etichette. Sono felice di come sono, mi sono costruita, mi sono evoluta. Vivete la vostra vita, non quella degli altri.