Psicologia

La sinestesia, la percezione secondaria di un altro senso

La sinestesia è una strana condizione, piuttosto rara, in cui si verifica una “sovrapposizione sensoriale”. È la stimolazione di uno dei 5 sensi e induce, in maniera del tutto involontaria, una percezione secondaria in un altro senso. Un po’ come vedere un sapore o udire un colore. Ma è anche una figura retorica usata in letteratura.

Cosa vuol dire esattamente? 

La parola sinestesia deriva dal greco syn, ‘insieme’ e aisthànestai, ‘percepire’. Significa, quindi, “percepire insieme” e indica precisamente un’esperienza di percezione simultanea.

Tra i poeti e gli scrittori, l’uso della sinestesia come figura retorica è molto diffusa. È un tipo di metafora in cui si accostano due parole che appartengono a due sfere sensoriali diverse. Pensiamo alle “voci di tenebra azzurra” del Pascoli, a Quasimodo e il suo “urlo nero” o a Fabrizio De André con “corsi a vedere il colore del vento”.

Tuttavia la sinestesia è anche altro. È anche un fenomeno percettivo di natura neurologica, presente fin dall’infanzia, in cui avviene un sincronismo funzionale di due organi di senso, anche se la stimolazione riguarda uno solo di questi.

Si tratta di vere e proprie “interferenze” percettive in cui un suono può evocare un colore o un sapore può produrre una sensazione tattile. Ad esempio, la vista della lettera “q” attiva l’esperienza del colore rosso o un “do” suonato su un violino attiva il gusto del tonno.

È una condizione piuttosto particolare di cui la scienza sa ancora poco. Scopriamone qualcosa in più.

La sinestesia è un fenomeno percettivo che accade quando la stimolazione di uno dei sensi provoca, contemporaneamente e in maniera del tutto involontaria, una percezione secondaria in un altro senso.

Il cervello, quindi, elabora una sola volta le informazioni che provengono dagli organi di senso, generando un’esperienza di percezione simultanea.

Sono poche le persone che sperimentano questa condizione e che possono, ad esempio, udire un suono e simultaneamente vedere dei colori o un simbolo geometrico oppure sentire delle parole e avvertire un sapore.

Non è facile da immaginare ed è una condizione che caratterizza poche persone al mondo.

Secondo le statistiche, infatti, la percentuale è tra lo 0,05 all’1% della popolazione generale, anche se studi più recenti riportano un dato più alto, circa il 4%.

Non ci sono ancora delle spiegazioni scientifiche esaurienti. I 5 sensi, infatti, si attivano grazie a meccanismi fisici differenti tra loro e secondo le attuali conoscenze della neurobiologia le diverse informazioni sensoriali sono elaborate da zone ben precise del cervello.

La scienza sta ancora esplorando le basi neuro-fisiologiche della sinestesia. Secondo le teorie più accreditate, l’origine di questo fenomeno si deve alla diversità delle connessioni neuronali tra le diverse zone del cervello, quelle deputate a elaborare le informazioni che provengono dai 5 sensi.

Non si tratterebbe però di connessioni “extra”. Quindi in più rispetto alla norma, come si credeva, ma di un differente sviluppo neuronale caratterizzato da connessioni atipiche tra aree del cervello che normalmente non interagiscono tra loro.

Tra gli studi più autorevoli in ambito genetico c’è quello condotto da un gruppo di ricercatori del Dipartimento di Genomica dell’Imperial College di Londra. Studio pubblicato nel 2009 sull’American Journal of Human Genetics.

In questo studio si evidenzia la familiarità della sinestesia. Definita come uno specifico sviluppo neurologico in cui uno stimolo in una modalità sensoriale innesca una risposta automatica e coerente in un’altra modalità (ad esempio, il suono attiva la percezione del colore).

Tra i cromosomi coinvolti c’è il cromosoma 2, la cui anomalia è collegata anche a disturbi del neuro-sviluppo come l’autismo. Alcune alterazioni sensoriali, infatti, sono comuni nei Disturbi dello Spettro Autistico, compresa la sinestesia.

Sembra tuttavia che anche altri geni siano implicati, come quelli attinenti alla memoria, l’apprendimento e patologie come l’epilessia.

La ricerca evidenzia quindi che la base genetica della sinestesia è molto più complessa di quanto si pensasse inizialmente. Può interessare diversi geni, la cui ereditabilità può seguire schemi piuttosto complessi.

Anche se la forma di sinestesia più frequente è quella grafema-colore (dove alle lettere o ai numeri si associa anche un colore) ci sono diverse tipologie ma non esiste una classificazione definitiva. Vediamone alcune.

  • Grafema-colore: è una delle forme più comuni in cui ogni numero o lettera dell’alfabeto produce la visione di un colore specifico. Ha una prevalenza tra i sinesteti del 68,8%.
  • Audio-visiva: un suono o una melodia generano stimoli visivi che possono essere colori (cromestesia) o altri elementi come forme geometriche.
  • Tattile-specchio: osservare altre persone che sono toccate induce sensazioni tattili fisiche sul corpo del sinesteta.
  • Lessico-gustativa: a una parola ascoltata si associa un particolare gusto.
  • Spazio-temporale: la sensazione del tempo che scorre si manifesta con una specifica disposizione spaziale (ad esempio, la percezione dei mesi dell’anno avviene come se questi fossero disposti in un anello attorno al sinesteta, che ruota col passare dei giorni).
  • Number-form: pensando a un numero appare nella mente una mappa in cui tutti i numeri sono disposti in una determinata posizione.
  • Audio-tattile: alcuni suoni possono indurre sensazioni tattili in alcune parti del corpo, come un tocco o un formicolio.
  • Con personificazione del linguaggio: ad ogni lettera, numero, parola è associato un genere e una personalità (ad esempio, il numero 2 si associa a un giovane irascibile).
  • Misofonia: alcuni suoni specifici suscitano emozioni negative (rabbia, terrore, disprezzo o disgusto).

Molti artisti famosi, tra cui Wassily Kandinsky, Oliver Messiaen, Frank Zappa, Vladimir Nabokov e Paul Klee, hanno tratto vantaggio dalle contaminazioni sensoriali della loro sinestesia, dal loro “dono”. Ma per alcune persone, invece, può essere una difficoltà. Nell’adolescenza soprattutto, quando ci si rende conto di avere un modo diverso di percepire il mondo rispetto agli altri, si può creare un disagio emotivo.

Possono esserci delle difficoltà in alcune situazioni della quotidianità (ad esempio un rumore di fondo che genera una percezione visiva). Ma complessivamente i sinesteti conducono una vita normale e molti vivono positivamente la loro tipicità.

Infatti, sebbene sia spesso definita come “condizione neurologica”, la sinestesia non è stata mai inserita nel DSM (il Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali o nell’ICD (la classificazione statistica delle malattie).

Per diagnosticare la sinestesia si fa rifermento alle linee guida elaborate da uno dei maggiori studiosi di questo fenomeno, R. Cytowic. In particolare, si evidenziano le specifiche peculiarità delle percezioni sinestetiche che sono:

  • Composte da due elementi: l’evento che stimola uno dei sensi (inducer) e quello che appare contemporaneamente senza stimolazione (concurrent). A ogni inducercorrisponde uno specifico concurrent.
  • Involontarie: le percezioni accadono in modo del tutto automatico e involontario, cioè si generano contemporaneamente allo stimolo, come una specie di riflesso.
  • Proiettate verso l’esterno: sono vissute dal sinesteta come percezioni esterne e reali(ad esempio vedono colori che fluttuano nell’aria se ascoltano alcuni suoni) e non come frutto della fantasia o come percezione interna (come ad esempio quando si immagina un colore o un sapore).
  • Durevoli: permangono nel tempo; ad esempio, se la visione di un quadro si associa a un determinato sapore, come il cioccolato, quest’associazione rimane costante nel tempo.
  • Generiche: sono spesso limitate a stimoli generici; ad esempio a un certo odore si associano colori, linee o forme ma nulla di complesso.
  • Emotive: possono provocare risposte emozionali, il più delle volte sono sensazioni piacevoli. Molti sinesteti considerano “normali” le loro percezioni secondarie, altri le collegano a una maggiore creatività.
  • Restano nella memoria: i sinesteti ricordano più facilmente la percezione secondaria rispetto a quella primaria.
  • Unidirezionali: se ad esempio il suono produce anche l’esperienza sensoriale del colore, i colori non generano suono.

Tra le sinestesie più famose ricordiamo:

  • “Chiare, fresche e dolci acque” di Francesco Petrarca (Il Canzoniere).
  • “L’odore di fragole rosse” di Giovanni Pascoli (Il gelsomino).
  • “Dolce e chiara è la notte e senza vento” di Giacomo Leopardi (La sera del dì di festa).
  • “Fresche le mie parole” di Gabriele D’Annunzio (La sera fiesolana).
  • “Correvo nel crepuscolo fangoso” di Pier Paolo Pasolini (Poesie inedite).

Gli esempi sono moltissimi in letteratura, ma tutti noi, senza rendercene conto, spesso utilizziamo una sinestesia nel linguaggio quotidiano.

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Al prossimo articolo, un bacio ,Miriana.

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Un pensiero su “La sinestesia, la percezione secondaria di un altro senso

  • Tanja Celine Albisetti

    Articolo stupendo! hai saputo descrivere questa condizione molto bene, io la vivo esattamente così

I commenti sono chiusi.