Cronache

La mafia, dagli anni ’90 ai giorni nostri

Il 16 gennaio 2023, dopo 30 lunghissimi anni di latitanza, viene arrestato, a Palermo, Matteo Messina Denaro. A 30 anni di distanza da un altro arresto, avvenuto il 15 gennaio 1993, sempre a Palermo, quello di Totò Riina. Il terzo importantissimo arresto è avvenuto, invece, l’11 aprile 2006, quindi 17 anni fa, di Bernardo Provenzano, nella frazione di Corleone, in provincia palermitana.

Cosa hanno in comune i tre?

Matteo Messina Denaro è l’erede degli altri due, Totò Riina e Bernardo Provenzano.

Era lui che doveva ricostruire la struttura di Cosa Nostra, frammentata dai vari arresti, anche se non ci riesce fino in fondo.

Nei trent’anni in cui è stato latitante, Denaro è stato condannato a numerosi ergastoli. Tra cui le stragi di Capaci, Via D’Amelio, per gli eccidi del 1993 a Roma, Firenze e Milano, per l’omicidio del piccolo Giuseppe Di Matteo, figlio del pentito Santino, strangolato e sciolto nell’acido, alla tenera età di 12 anni, dopo due anni di sequestro.

L’arresto di Denaro è avvenuta all’indomani dalla celebrazione della ricorrenza dei 30 anni dalla cattura di Totò Riina. Era considerato uno dei capo-mafia più pericolosi e ricercati al mondo. Il padrino di Castelvetrano, negli anni, è riuscito ad esercitare il proprio potere sia nella provincia di Trapani, che in quella di Palermo.

Cosa è la mafia?

La mafia è un organizzazione criminale, nata nelle regioni del Sud Italia, come Sicilia, Campania, Calabria, Puglia e, poi, estesa in tutto il mondo. Essa si avvale di un sistema di potere, esercitato con l’uso della violenza e dell’intimidazione. Questo per ottenere il pieno controllo del territorio, dei commerci illegali e delle attività economiche ed imprenditoriali. È anche chiamata “Anti-Stato”, perché si contrappone allo Stato appunto, con regole interne ed una gestione gerarchica e verticistica.

La mafia viene normalmente associata alla Sicilia, dove prende il nome di Cosa Nostra. Ma, come già detto, si è estesa in altri territori, prendendo denominazioni diverse: Camorra in Campania, ‘Ndrangheta in Calabria, Sacra Corona Unita in Puglia.

E Denaro, Riina e Provenzano sono “legati”, anzi sono o erano i capi di Cosa Nostra. La quale si è macchiata di crimini orribili, come quello di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. I due magistrati che l’hanno combattuta, non senza metterci la faccia e rimettendoci la loro vita.

Cosa Nostra ha mantenuto, negli anni, la sua “capacità di rigenerazione”, un “ampio consenso sociale” e quell’”intimidazione”, dalla quale deriva il “silenzio delle vittime”, altrimenti detto “omertà”.

Una delle caratteristiche della mafia, infatti, è l’omertà, quel sentimento che coinvolge chi ne fa parte e le stesse vittime.

Ed omertà è la parola più giusta da usare in questo contesto. Quella forma di solidarietà tra consociati, che scaturisce per coprire atti illeciti, celando l’identità di chi li ha commessi o, comunque, tacendo circostanze utili alle indagini delle forze dell’ordine. Si parla, appunto, di “consociati”, perché la mafia è una vera e propria “società”, dove i membri sono tutti considerati “uomini d’onore”.

Ed in Puglia?

In Puglia, come così pocanzi specificato, abbiamo la Sacra Corona Unita, nome che trova le radici nella classica cultura mafiosa.

Sacra: l’affiliazione avviene attraverso un “battesimo” o una “consacrazione”;

Corona: si usa il rosario, nelle processioni;

Unita: termine utilizzato per ricordare la forza che tiene unita tanti anelli.

Ha inizio negli anni ’50, ma è solo verso il 1986 che vede la sua rifondazione. Nell’anno 1987 era composta dalle famiglie più rappresentative del territorio brindisino. Guidate da Salvatore Buccarella, Alberto Lorusso, Giovanni Donatiello, Giuseppe Gagliardi e Ciro Bruno e da qualche altro affiliato della provincia di Taranto.

La SCU era presente nel territorio di Brindisi e Taranto, principalmente. Negli anni ’90, Brindisi era soprannominata “Malboro city”, proprio per l’enorme flusso di sigarette di contrabbando, provenienti dal vicino Montenegro.

Sarà l’”Operazione Primavera”, condotta tra febbraio e giugno del 2000, a mettere la parola FINE al contrabbando di sigarette.

Ma quella cultura, quella propensione da parte della gente (non tutta, ovviamente!) ai soldi facili, non è mica andata perduta! In quegli anni, con il contrabbando di sigarette, ci hanno guadagnato proprio tutti.

Negli anni ’90 ero ancora una bambina, quindi guardavo e vivevo la realtà in cui sono nata, senza esserne consapevole. Negli anni a seguire, quando la consapevolezza ha preso il sopravvento, gli adulti mi raccontavano che “la città stava bene, in quel tempo!”. “Lavoravano tutti”, dal ristoratore, al pizzaiolo, al gioielliere, all’agente immobiliare. Proprio tutti! Tutti guadagnavano dai soldi sporchi della mafia di quel tempo. Tutti con gli occhi pieni di oro, senza pensare minimamente se la realtà che stavano vivendo fosse GIUSTA, SANA e LECITA, soprattutto. Era, semplicemente, tutto NORMALE!

Ricordo queste persone agli angoli delle strade che vendevano sigarette, nascoste dietro un muretto, un cancello o, semplicemente, sotto il giubotto. Erano illegali, tutti sapevano che erano lì e nessuno diceva niente! Il “silenzio della gente” era una caratteristica abbastanza diffusa in quel tempo, ma, nonostante siano passati circa trent’anni, le cose non sono tanto cambiate! E l’omertà la si tocca con mano tutti i giorni. Quando, ad esempio, saltano in aria le attività commerciali ed i proprietari negano di aver ricevuto minacce o richieste di pagamento del “pizzo”.

Ad oggi, non ci sono più le sigarette nascoste dietro i muretti, sicuramente, ma l’odore di mafia è ancora nell’aria. E non possiamo, purtroppo, dire il contrario!

Brindisi “vanta”, nella sua storia, quattro sindaci arrestati per associazione mafiosa. Questo è sintomo di come la mafia si sia introdotta, negli anni, nei palazzi istituzionali e controlli i vari appalti pubblici, primo fra tutti quello della raccolta e conferimento dei rifiuti.

Dove è iniziato il tutto?

Tutto ha inizio dalla trattativa Stato-Mafia, cioè quei contatti ed incontri avvenuti tra esponenti politici e quelli di Cosa Nostra, durante le stragi del 1992 e del 1993. In questo lasso di tempo, infatti, Cosa Nostra, con l’uso di bombe ed autobombe, prese di mira membri di forza di polizia, della magistratura italiana. Come Falcone e Borsellino appunto, o personalità coinvolte nella lotta alla mafia, tipo Maurizio Costanzo.

Il 27 maggio del 2013, ha inizio ufficialmente il processo penale su questa trattativa, che coinvolge le istituzioni e la mafia.

Come si evince facilmente, gli anni ’90 sono stati segnati da vicende molto violente e particolarmente dolorose, che hanno coinvolto, e lo fanno tutt’ora, praticamente tutti!

Le scuole, così come i TG, complici anche le giornate della memoria, parlano e rendono vivi ancora questi ricordi. Il fine è, sicuramente, quello di innescare nella mente dei più giovani che la mafia fa schifo e che, soprattutto, uccide, senza alcun risentimento.

Ritengo sia importante continuare a ricordare ed a parlare della storia. La stessa dovrebbe insegnare che tutto ciò che è accaduto non debba più ripetersi. È fondamentale la conoscenza e stimolare il pensiero critico. Così da poter isolare coloro i quali vorrebbero riportare in auge l’illegalità, con un vero e proprio “richiamo alle armi” da parte della mafia nei confronti dei più giovani, attirati dai “soldi facili”. L’arresto di Matteo Messina Denaro è, sicuramente, uno dei segnali forti della vittoria dello Stato nei confronti della mafia, ma non basta!

In città del sud, come può essere la mia Brindisi, purtroppo, non si può certamente dire che “certe idee” siano lontane! Come dicevo prima, appunto, la mafia la si tocca con mano ogni giorno, nelle piccole cose. Si crede ancora, ad esempio, che abitare nello stesso palazzo di un delinquente, possa dare a tutti la giusta protezione. “Non toccano niente!”, dicono! Un pensiero che, inevitabilmente, è riconducibile ad un’impronta mafiosa, un’idea trasmessa col tempo.

Ma come reagisce la gente quando si parla di mafia?

Mi sono ritrovata tante volte a parlare di mafia, a sottolineare quanto non sia propriamente giusto che un sindaco faccia lavorare i suoi “amici” o “parenti”, una volta seduto su quella sedia. In diverse occasioni, ho cercato di far capire quanto sia tossico portare avanti certe convinzioni, o, addirittura, ho solo dato un nome ad un atteggiamento considerato fin troppo normale, ma che non lo è, tipo la “sicurezza” di poter lasciare le porte delle case aperte, “tanto non succede nulla!” o il dare il voto a quello o quell’altro, solo perché “mi ha promesso che mi fa lavorare!”.

Nel mio piccolo, ho tentato di far notare quanto fosse deleterio portare nelle istituzioni le solite persone, che si sanno siano legate al mondo della mafia. Ma, un po’ perché ancora si crede all’illusione del posto fisso, un po’ perché la maggior parte delle volte non si può far a meno di “aiutare l’amico o il parente”, si tende a non dar peso alle mie parole, cercando di rafforzare il concetto di “normalità” della situazione.

Sono passati circa trent’anni e tanto si è fatto, non possiamo negarlo!

Persone del calibro di Falcone e Borsellino, ma anche del Capitano Ultimo (colui che ha arrestato Totò Riina), ma anche scrittori come Roberto Saviano. I quali ora sono costretti a vivere con la scorta, ci hanno aiutato ad aprire gli occhi ed a non avere paura a nominare ed a riconoscere la “mafia”.

Ma è innegabile che, anche con l’arresto di Denaro, parecchi non hanno il coraggio di prendere una posizione in merito. Davanti alle telecamere o scappano o affermano di non sapere neanche chi fosse, una dichiarazione palesemente falsa, ma che aiuta loro a non avere problemi. L’omertà, in certe circostanze, è ancora molto forte e fa parte del tessuto sociale. Questo perché tanta gente è ancora “legata” alla mafia, sentendone il peso e cercando di “tenersela amica”.

Al contrario, c’è chi, invece, non ha più paura di allontanarsene o prendere le distanze, nonostante il loro legame di sangue. Infatti, tanti parenti di mafiosi, ad oggi, hanno rinnegato la loro famiglia, segno tangibile di una loro rivincita e di un loro cambio radicale di vita.

È a loro che voglio rivolgere il mio GRAZIE.

È con il loro forte segnale, misto al sacrificio di chi ha dato la vita, che possiamo combattere la dura lotta contro un male ancora oggi INCURABILE, denominata MAFIA.

LA MAFIA È SOLO UNA GRANDE MONTAGNA DI MERDA!