Cibo & SaluteInterviste

Intervista a Carlo Pomo: Chef e Content Creator

Intervista a Carlo Pomo: Chef e Content Creator

Partiamo dalle origini. Quanto ha influito la tua terra, Capua, nella tua passione per la cucina?

È il motivo per cui ho assecondato questa passione. Il mio cuore è rimasto in buona parte in Campania.
Spesso cerco di portare ricette che mi ricordano la cucina delle zie, di mia nonna o di mia madre.
E, dove non riesco, aggiungo magari un ingrediente — anche se marginale — che mi riporta a quella regione del Sud Italia.


Dopo il corso “A tavola con lo chef” a Roma, ti sei tuffato subito nell’alta ristorazione. Com’è stato l’impatto con cucine di questo livello?

Inizialmente è stato difficile, sia fisicamente che mentalmente.
Fortunatamente, il mio primo chef è stato in grado di farmi amare davvero la ristorazione.
La cosa fondamentale, però, resta la passione: quando c’è, tutto il resto diventa marginale. Ti aiuta a mettere da parte stanchezza, stress o malesseri.


Hai lavorato con grandi nomi: Daniele Usai, Jaime Pesaque, Enrico Bartolini… Cosa hai portato via da ciascuna di queste esperienze?

Ogni chef, come ogni cucina, porta con sé un bagaglio di emozioni, nozioni e insegnamenti.
Disciplina, pulizia, divertimento, apertura mentale, sacrifici e perseveranza sono alcune delle cose che ho portato con me.
Potrei continuare all’infinito, perché ognuno di loro mi ha lasciato qualcosa di diverso e prezioso.


Il Mudec, tristellato Michelin, è stato un punto di svolta. Cosa ti ha insegnato quel contesto così esigente e prestigioso?

Il Mudec è stata la famosa “ciliegina sulla torta”.
Tutti i sacrifici e gli sforzi degli anni precedenti hanno trovato lì una ricompensa: non come punto d’arrivo, ma come svolta e rilancio continuo.
Lavorare al fianco di professionisti e dei ragazzi della brigata è stato formativo sia dal punto di vista umano che professionale.


Da junior sous chef a content creator: quando hai sentito che era il momento di cambiare rotta?

C’è sempre un momento in cui qualcosa dentro di me si “rompe”.
Può essere per motivi interni o personali, ma in quell’istante capisco che è tempo di cambiare direzione.
Non solo nel lavoro, ma anche nella vita sociale e sentimentale. È quasi sempre così, salvo rare eccezioni.


Spesso si parla di “bruciare le tappe” o di “cercare la visibilità”. Tu invece hai vissuto tutto il percorso, passo dopo passo. Quanto conta la gavetta nella costruzione di una professionalità solida?

È fondamentale!
Senza sacrifici, senza toccare con mano certe dinamiche o sudarsi un ruolo, è difficile apprezzare davvero la solidità quando la si raggiunge.
E quando quella solidità viene scalfita o crolla, è proprio grazie alla gavetta che si trova la forza per rilanciare e ricostruire.


Com’è stato il passaggio dalla brigata al set di uno studio o davanti a uno smartphone?

Strano.
All’inizio complicato, ma so adattarmi bene e, a detta di molti, questo nuovo mondo si sposa perfettamente con la mia persona.
Non è stato facile: è stato un percorso pieno di sacrifici, e continua a esserlo.
Ma non mollo. Testa alta e si pedala!


Accademia.tv ti ha dato visibilità come tutor e maestro. Come si insegna la cucina in modo efficace, oggi, attraverso uno schermo?

Con semplicità e chiarezza.
Bisogna usare un linguaggio comprensibile e accessibile a tutti, ma soprattutto mantenere tanta umiltà.


Torni a Latina e decidi di continuare da solo, come content creator. Qual è stata la sfida più grande in quel momento?

Mi verrebbe da dire che è la sfida di ogni giorno, ed è proprio questo che amo di questo lavoro: non si smette mai di imparare.
Fare tutto da solo, imparare a editare un video, scrivere un copy, girare le riprese… tutto ciò è stato — ed è tuttora — la sfida più grande.


Collabori oggi con brand anche al di fuori del mondo enogastronomico. Come scegli con chi lavorare e che tipo di contenuti portare?

Cerco genuinità, empatia e, dove possibile, territorialità.
Osservo sempre la filosofia che c’è dietro un brand o un prodotto: deve rispecchiare la mia visione e i miei valori.


Quanto c’è di Carlo cuoco e quanto di Carlo comunicatore nei tuoi contenuti?

Negli anni sto sbloccando la skill del Carlo comunicatore.
C’è ancora molto del Carlo cuoco, ma sto andando verso un equilibrio 50 e 50.
Un bilanciamento che ritengo in linea con la mia persona e con la professione che svolgo oggi.


Hai un’identità forte ma flessibile. Come riesci a mantenere un equilibrio tra creatività personale e richieste dei brand o delle piattaforme?

Cerco sempre di avere chiara la mia identità e i contenuti che voglio portare.
Nulla è lasciato al caso: ogni preparazione, ogni impiattamento nasce da un’idea precisa.
Proprio per questo riesco spesso a trovare una giusta comunicazione con i brand e con le piattaforme.


C’è un piatto che ti rappresenta più di tutti? Perché?

Onestamente non c’è un piatto che mi rappresenti in assoluto.
Amo fare i risotti, sono un fan della pasta, ma in generale mi piace cucinare tutto.
Se però dovessi sceglierne uno, direi il filetto alla Wellington: non so se mi rappresenta, ma lo amo da impazzire.


Se dovessi descrivere il tuo stile di cucina con tre parole, quali sceglieresti?

Creativa, colorata, bilanciata.


Guardando indietro, quale consiglio daresti al Carlo del 2015, all’inizio di tutto?

Nessuno!
Farei tutto di nuovo, con la stessa testa, gli stessi errori e le stesse soddisfazioni.


E oggi, quale visione hai per il tuo futuro professionale? Rivedremo mai Carlo Pomo in cucina… magari con un progetto tutto suo?

Al momento non sta ancora bollendo nulla in pentola, ma l’idea finale è proprio quella di avere qualcosa di mio.
Quando? Non lo so ancora.
Ma è l’ambizione che ho dentro.
Per ora, vi lascio le mie ricette online… e, se volete, verrò a casa vostra a prepararle!


Intervista a Carlo Pomo: Chef e Content Creator
Redazione The Digital Moon

Social The Digital Moon | Leggi altri articoli qui.

https://www.instagram.com/thedigitalmoon

Intervista a Carlo Pomo: Chef e Content Creator