Storytelling

Padre padrone, lettera ad un padre conosciuto troppo tardi

Penso di provare tante cose che non so descrivere.

Ho sempre pensato che tu avessi dei difetti, che non fossi la persona più premurosa al mondo, che avessi sicuramente qualcosa dentro che non hai mai tirato fuori. Ho sempre pensato che c’era altro, che non fossi proprio così, come ti ponevi a me, ai miei figli e a tutte le persone vicine e lontane.

So, che sei stato cresciuto con poco amore, con tanta, troppa disciplina. Spesso sembrava di rivedere in te quel rigore e quel distacco emotivo che sicuramente hai vissuto nell’infanzia.

Crescendo mi sono accoccolata tra le braccia della mamma. È da lei ho ricevuto amore, calore materno ma, crescendo, anche litigate, quelle vere che si fanno con scambi di idee. Non quelle che si fanno con una persona che ha ragione in ogni caso, e con la quale non si può nemmeno provare a dire la propria.

Perché lui è tuo padre, sa più di te e tu devi tacere. Violenza psicologica si chiama.

Nonostante tutto questo sono cresciuta. Ho fatto i miei sbagli e mi sono rialzata. Ho creato la mia vita e il mio futuro con chi volevo e come volevo.

Sono soddisfatta di me stessa, perché per creare la mia vita non ti ho mai dato retta mai. Io amavo colui che è diventato mio marito. Tu non approvavi e lo dimostravi in tutti i modi, ma io sono andata per la mia strada, anche se era difficilissimo percorrerla.

Amavo il mio lavoro già da subito, dai primi giorni. Ma tu eri convinto, e provavi a convincere anche me, che fosse una fase di passaggio, che io fossi destinata ad altro. Invece eccomi qua, dopo anni ho la vita che desideravo io, con l’uomo che amo a fianco, il lavoro che mi fa star bene e mi sento realizzata e serena.

Non pensavo però un genitore potesse arrivare a tanto, ripetere, e sicuramente anche peggiorare tutti gli atteggiamenti sbagliati che aveva provato sulla sua pelle.

Ti sei trasformato in un mostro, o forse lo sei sempre stato e lo mascheravi molto bene. Guardandomi in faccia mi hai disprezzato e umiliato. Mi hai rinfacciato cose inutili, hai colpito dove sapevi di poter colpire con disprezzo, senza ritegno, con un un’atteggiamento distaccato e meschino che tutto sembrava tranne che un padre che parla a sua figlia.

Il vero problema è che io mi porterò dietro certe “ferite” tutta la vita. Tu, invece, la tua che ormai è poca quella che ti resta la percorrerai come hai sempre fatto, con una maschera.

Questa è una lettera di una figlia arrabbiata, delusa, schifata, triste e demoralizzata, che ha provato in tutte le maniere a salvare il salvabile.

Ma tu non hai voluto.

Spero solo un giorno di leggere queste parole senza provare odio e rancore. Allora vorrà dire che la battaglia l’ho vinta io perché ho raggiunto quel distacco emotivo che merita questa situazione.

Per ora mi sento sconfitta, non nella vita, ma nell’anima. Hai fatto i passi giusti per colpirmi emotivamente e ci sei riuscito, ma io sono giovane e ho tutte le basi per rialzarmi e vincere questa guerra.

Tua figlia che ha vergogna a sentirsi tale.