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Lettera al mio gattino, amore infinito ed incondizionato

Sono giorni che penso e ripenso se scriverti qualcosa e cosa scriverti, soprattutto. Ho scelto di farlo, alla fine. So che non potrai mai leggere questa mia lettera; la mia, forse, è un speranza, per mettere la parola “Fine!” al dolore causato dalla tua perdita, avvenuta quel giovedì 21 marzo, alle ore 16,45.

Per gli altri, era l’inizio della primavera. Per me, la fine di un lungo percorso durato 20 anni. Un percorso che mi ha lasciato tanto, che mi ha insegnato tanto.

Sei arrivato nella mia famiglia un giorno di maggio, di 20 lunghi anni fa, appunto. Ricordo ancora che era un sabato. Io e mia sorella eravamo piccoline, adolescenti alle prese con gli ormoni, i primi amori e l’impegno scolastico. Era l’ora di pranzo, aprii la porta di casa e trovo mia sorella, con lo zaino davanti e tu che sbucavi impaurito. Non potrò mai dimenticare le parole di mia sorella: “Guarda sorella, l’ho trovato vicino alla scuola!”, la sua contettezza e la faccia di mia madre e quella di mio padre. Loro meno contenti, sicuramente!

Sapevo che i miei genitori non erano molto d’accordo col tenerti, ma in cuor mio speravo si affezionassero prima del dovuto, così non avrebbero avuto il coraggio di affidarti a qualcun’altro. E così è stato!

Assomigliavi ad un topo, per questo, da quel giorno, eri soprannominato “Topo”. Eri magro, spennacchiato, con gli occhi chiusi, a causa di un brutto raffreddore e tutto sporco di grasso della macchina. Avevamo capito che eri stato allontanato dalla mamma, perchè non stavi bene e, molto probabilmente, non saresti sopravvissuto. Cosa che ci ha confermato anche il veterinario dell’epoca. Avevi, infatti, un herpes virus che ti aveva intaccato le vie respiratorie, quindi non sapevamo quanto e se avresti potuto sopravvivere.

Eri talmente piccolo che stavi a malapena su un tovagliolo aperto. In quei giorni, abbiamo vissuto in simbiosi con te. Ti sfamavamo con il latte caldo, dormivi attaccato a noi, per simulare il calore che ti avrebbe dovuto dare la tua mamma. Ma, dopo tre giorni di latte, ti sei strafogato di spaghetti con il sugo ed un pezzettino di mozzarella. Era la fame del momento, dopo non hai più mangiato il nostro cibo! Ma era un chiaro segnale che il nostro amore stava servendo per farti riprendere del tutto.

La notte ti chiudavamo nel bagno. Eri troppo piccolo ancora ed avevamo paura che potessi farti del male. Ma nel bagno ci hai vissuto davvero molto poco. Quell’attaccamento delle prime ore è rimasto anche dopo, negli anni.

Decidemmo di tenerti. Ormai, facevi parte della famiglia a tutti gli effetti.

Ricordo ancora che, qualora non ti prendevamo in braccio, salivi con le unghiette su per i pantaloni, senza importarti più di tanto di cosa stavamo facendo in quel momento. Con me, dormivi attaccato al collo, con la testolina in mezzo ai miei capelli. Ti sentivi protetto, evidentemente.

Dopo qualche giorno, era arrivato il momento di darti un nome, anche se Topo si addiceva di più! Decidemmo per Romeo, come quello degli Aristogatti, proprio perchè eri molto simile a lui, rosso, con striature bianche e la punta della coda bianca. Romeo era il nome “ufficiale”, poi ne avevi tanti altri, come Topo appunto, ma anche Gianni. E per me eri Gianni. Punto!

Eri una presenza, continua ed indiscutibile.

Ed è sempre stato così!

Mangiavi con noi.

Dormivi con noi.

Eri presente anche quando c’erano ospiti, perchè dovevi vigilare, controllare che il tuo territorio e la tua famiglia fossero al sicuro.

Eri molto tranquillo, ma sapevi quando dovevi reagire.

Come dimenticare quel pomeriggio quando sei riuscito ad acchiappare un cardellino dal balcone di casa?

E la tua caccia alle cicale?

L’estate era un dramma per te, continuamente a lavoro per cacciare le cicale. Le sentivi quando si appoggiavano sul muretto del balcone di casa. Ti appostavi e, con scatto felino, riuscivi a prenderle. Finivano sempre male, però, ma è la legge della natura, in fin dei conti, vero!?

Quando non stavamo bene, tu eri lì, accanto a noi.

E la notte?

La sera controllavi che tutti noi fossimo a letto e ti mettevi comodo, in mezzo alle gambe di chi decidevi dovesse avere l’onore di godere della tua compagnia.

Averti nella nostra vita è significato andare ben oltre avere un “semplice” animale domestico. È stato un rapporto intimo e profondo che ha portato un’infinita fonte di amore, gioia e conforto.

Sei stato un maestro dell’arte della compagnia silenziosa. Abbiamo trascorso ore ed ore insieme, perfino giorni interi, come le domeniche, con te acciambellato accanto a me o in mezzo alle mie gambe. La tua presenza mi ha donato calma e tranquillità, anche nelle giornate più caotiche o più nervose, facendomi sentire meno sola nei momenti più bui.

E quando la vita è diventata più travagliata?

E quando le sfide sembravano insormontabili?

Tu eri sempre lì.

Con il semplice tocco delle tue morbide zampette e le tue amorevoli fusa, eri in grado di alleviare lo stress e lenire le nostre preoccupazioni. Inizialmente, erano preoccupazioni di ragazzette delle superiori. Ricordo ancora quando studiavamo per un’interrogazione e tu eri lì, sul tavolo. Dormivi, ma con un occhio solo, perchè con l’altro tenevi tutto sotto controllo. Ma mano che passavano gli anni, le preoccupazioni cambiavano, ma la tua presenza no! La tua terapia era una vera e propria medicina per la nostra anima, capace di sollevare gli umori e portare un sorriso sul nostro viso e di quello dei nostri amici, anche nei momenti più difficili.

Avevi una curiosità innata ed un senso di avventura molto spiccato. Dai giochi di caccia improvvisati alle acrobazie spericolate, ogni momento trascorso con te è stato un’opportunità per ridere, divertirci ed apprezzare la gioia semplice della vita.

Sei stato parte integrante della nostra vita, senza mai invadere il nostro spazio (o quasi, almeno!). Alternavi momenti di estrema indipendenza a momenti dove richiedevi, senza troppo impegno, la nostra compagnia. E questo equilibrio ha creato relazioni con sani confini, ma senza far mancare mai il sostegno illimitato.

Il dono più importante, forse, che ci hai fatto è l’amore puro ed incondizionato che ci hai offerto ogni giorno, senza richiedere nulla in cambio.

È stato un amore che non ha richiesto parole, solo la tua presenza e la tua affettuosa attenzione.

È stato un amore che ha superato le barriere del linguaggio e si è espresso attraverso piccoli gesti di gentilezza e completa devozione.

È difficile mettere in parole quanto mi manchi. Ogni giorno mi sveglio sperando di vederti di nuovo, di sentire il tuo morbido pelo sotto le mie dita e di sentire il suono delle tue piccole zampe mentre corri per casa. Mi manca il tuo miagolio, il tuo sguardo affettuoso ed il calore che portavi nella mia vita.

La tua assenza ha lasciato un vuoto nel mio cuore che sembra impossibile da riempire. Mi mancano i momenti che abbiamo condiviso insieme, i giochi che facevamo e le coccole che ci siamo scambiati. La tua presenza ha reso la mia vita così luminosa ed ora che non sei più con me, tutto sembra così silenzioso e vuoto.

Ma, nonostante te ne sia andato, mi conforta sapere che hai trascorso la tua vita circondato dall’amore e che ora sei libero da qualsiasi sofferenza. Anche se il dolore della tua perdita è ancora così fresco, cerco conforto nei bei ricordi che abbiamo condiviso insieme. E sono davvero tanti!

Ti porterò sempre nel mio cuore, mio piccolo amico. Grazie per tutto l’amore, la gioia e la compagnia che hai portato nella mia vita. Spero che tu stia correndo felice e libero attraverso i campi verdi del paradiso dei gatti, in attesa del giorno in cui ci incontreremo di nuovo.

Buon ponte Gianni mio!

A presto!