Cronache

La libertà, quella cartina tornasole del concetto di rispetto

Del tema dell’aborto si è tanto parlato e se ne parlerà ancora. Soprattutto a livello politico, è una delle tematiche, forse una delle più strumentalizzate, che fa gola a molti, per una campagna elettorale, a loro dire, vincente. Si mascherano dietro a finti perbenismi, facendo credere alla gente di tenere alla vita del feto ed a quella della mamma. Il tutto contornato da una religione, da una finta etica ed una morale buffona, capaci solo di puntare il dito contro e giudicare pesantemente chi dovesse decidere di non mettere al mondo quel figlio.

Ma, finché non ci saranno aiuti concreti e sostegni duraturi, in una situazione molto delicata, non potremo mai dire che l’argomento sia trattato degnamente in tutte le sue parti.

L’ultima, a dir poco agghiacciante, proposta fatta per arginare il problema dell’aborto è quella a firma del “Movimento 5 Stelle” pugliese. Proposta che vede un incentivo, un “aiuto” come dicono loro, di 5mila euro, a tutte quelle donne che dovessero decidere di NON abortire.

Il provvedimento entra nell’ambito del “Piano della genitorialità” e si chiama “Linee di Indirizzo per l’attuazione della misura sperimentale e Interventi di tutela della donna in gravidanza in situazione di difficoltà (ex art. 2-5- legge 194/78)”. La proposta è stata presentata dall’assessora al Welfare del “Movimento 5 Stelle”, Rosa Barone.

Nel provvedimento è scritto: “L’intervento in questione si propone di assicurare un presidio organizzativo funzionale a supporto di donne incinte che a causa di una particolare condizione di vulnerabilità sociale, psicologica o economica, possono vedere condizionate le proprie scelte relative alla volontà di prosecuzione della gravidanza e alla gestione della propria maternità”.

In poche parole, si richiede ai consultori di stilare una lista di donne che intendono abortire. A tutte coloro che si dovessero ritrovare in una situazione economica precaria, si potrà proporre l’aiuto di 5mila euro, qualora dovessero cambiare idea, in merito all’interruzione di gravidanza. Un contributo da prelevare dai 350mila messi a disposizione e da dividere tra i sei ambiti territoriali pugliesi. La misura è in via del tutto sperimentale e rimarrà in piedi per 18 mesi.

Sottolineo che, in queste ore, la proposta è stata sospesa. Sospesa per “evitare attacchi strumentali”.

Ho tanto da dire in merito. Sia sul “Movimento 5 Stelle”, che sull’aborto.

Apro una piccola parentesi sul “Movimento 5 Stelle”, parentesi doverosa per poter spiegare al meglio la mia posizione a riguardo. Vorrei far notare che il mio pensiero in merito all’aborto non ha nulla a che vedere con la politica, ma si pone su un piano prettamente emozionale e sentimentale, oltre a quello della libertà di ognuno di noi, senza alcun giudizio.

Detto questo, il “Movimento 5 Stelle” era un progetto in cui credevo. Mi sono spesa tanto, in prima persona, nella realizzazione di un grande sogno nel cassetto, che non era quello di candidarmi. Ma volevo che si parlasse e si combattesse contro la mafia, si avessero più diritti e si vivesse in un ambiente più sereno e tranquillo. Era un progetto giovane, fatto da giovani appunto e, quindi, ha suscitato il mio interesse e la mia curiosità fin da subito. Ma, come tutte le cose create dal genere umano, anche questo meraviglioso sogno è svanito nel nulla, “sporcato” da mani che volevano solo arricchirsi.

Sull’aborto, potrei soffermarmi di più, sperando di poter suscitare un po’ di riflessione.

Ci siamo mai messi nei panni di una donna che ha pensato di abortire?

Io penso di no!

L’aborto, cioè l’interruzione VOLONTARIA di gravidanza, non è mai una scelta semplice. È un qualcosa che va ponderata, che va pensata, riflettuta, esaminata in tutte le sue parti, meditata, valutata nei suoi pro e nei suoi contro. Il tutto fatto tra te e te. Sei lì, sola, a combattere i tuoi fantasmi interiori, consapevole che la scelta che stai operando potrebbe essere giudicata come immorale, ma è l’unica scelta possibile da operare. Per te stessa e per tuo figlio.

Non ci sono solo donne che interrompono la gravidanza perché non hanno il giusto sostentamento per vivere, che non hanno una situazione economica opportuna per poter crescere i figli. Ci sono donne che decidono di abortire, perché quel feto è prodotto di una violenza, ad esempio. O future mamme che hanno voluto tanto quel figlio, l’hanno cercato, ma hanno scoperto, poi, durante la gravidanza, essere affetto da una malattia debilitante. Siamo umani, in fin dei conti, e non vegetali!

Ho parlato più volte e continuerò a farlo, delle emozioni che accompagnano una donna che ha subito violenza. Sono emozioni troppo forti per essere raccontate così, su due piedi, in una pagina di blog. La violenza va vissuta per essere compresa, in tutte le sue sfaccettature. Quella sensazione di nudità va toccata con mano. Bisogna sentirla su tutta la pelle.

Provate ad immaginare questa sensazione, mista a quella che si prova quando ti dicono che da quella violenza ne è nata una nuova vita. In quel caso, aumentano quei fantasmi interiori di cui ho parlato prima. Inizi a pensare a cosa sarebbe giusto fare, a come poter crescere quel figlio, se mai riuscirai ad accettarlo e… cosa raccontargli una volta che è cresciuto e ti chiederà spiegazioni?

La legge non ti permette di crescere quel figlio “lontano” dal padre, il tuo stupratore.

La stessa garantisce il diritto di “essere padre” a chi ha abusato di te ed ha calpestato la tua dignità.

Per la legge, puoi essere un UOMO DI MERDA, ma un BUON PADRE!

Non mi siedo mai dalla parte del “giudice indiscusso”. Non mi appartiene!

Ma una cosa mi sento di doverla dire.

Una donna è una persona che lotta, tutti i giorni, tra pregiudizi e giudizi di ogni genere, su qualsiasi aspetto della propria vita. Il suo ruolo nella società è praticamente sempre sottomesso, quel ruolo “di secondo piano” riconoscibile anche dallo stipendio percepito, a parità di mansione rispetto all’uomo.

Una donna deve lottare tutti i giorni per avere quel rispetto che merita. Perché, per cultura, sembra che la sua dignità si possa calpestare, senza che nessuno ne paghi le conseguenze.

Non voglio farla passare da martire. No!

Vorrei però che si riflettesse su questo, per capirne la sua anima, il suo aspetto emotivo.

Una donna che sceglie, consapevolmente, di dover abortire non è una “cattiva donna”.

L’aborto è l’ultima delle opzioni, ma non possiamo non riconoscere che non lo si pensa. E lo si pensa qualora si sa già che non si dovesse riuscire a dare una vita dignitosa a quel figlio. Una donna che sceglie di non mettere al mondo quel figlio è una che sa bene cosa è giusto e cosa è sbagliato. È un po’ come quella nostra amica che sceglie consapevolmente di non avere figli.

La scelta di abortire NON è mai una scelta facile. Anzi!

Questa è una di quelle che dovrebbe essere fatta, operata insieme ad un esperto, un terapeuta che ti aiuti a guardare la luce in fondo al tunnel.

Il tunnel buio è quella scelta che in quel momento ti sta logorando. Quel bivio che sai benissimo che devi imboccare. E sai bene quali potrebbero essere le conseguenze. Non possiamo rendere il tutto così superficiale, non in contesti dove è il cuore a parlare.

Perché quella mamma che scopre che il suo bambino non sarà mai un bambino felice?

Che vita potrebbe mai vivere su una sedia a rotelle? O attaccato ad un respiratore?

Ognuno di noi ha una sua concezione di vita. E così come siamo responsabili della fine di quella vita, lo siamo, a maggior ragione, qualora dovessimo decidere di dare la vita ad un figlio che non potrà mai correre con gli altri bambini o non potrà festeggiare un suo compleanno con i suoi amichetti della scuola.

Una partita di calcio, la gara di ballo, i compleanni con gli amichetti, la scuola, le gite fuori porta sono tutte esperienze che un figlio ed una figlia dovrebbero fare e contribuiscono alla loro crescita.

Non potremo mai sapere cosa sente una mamma che spinge una sedia a rotelle invece di allacciare le scarpe da calcetto o da ballo.

Non potremo mai vestire i panni di quella mamma, se non si vive la stessa situazione.

Ma si potrebbe comprendere la posizione di una donna che sceglie di interrompere quel rapporto nuovo, perché non in grado di elevarlo.

La gente non dovrebbe giudicare.

La politica dovrebbe garantire quegli strumenti utili al concepimento ed al mantenimento di un figlio. Tra questi strumenti, non sono contemplate le elemosine di 5mila euro. La vita di un figlio non è valutabile nella cifra di 5mila euro. Se proprio dobbiamo buttare il discorso su un piano prettamente monetario, 5mila euro non basterebbero neanche per comprare i pannolini.

Abbiamo bisogno di più sicurezze nel mondo del lavoro, di più sostegno psicologico e, soprattutto, di un’educazione capillare al rispetto dello spazio altrui.

Questa, so, che è pura utopia. Ma lasciatemi sognare!