Cronache

13enni violenti: quando il sostegno dei genitori è assente

25 febbraio 2023. Mantova.

I personaggi di questa macabra vicenda hanno solo 13 anni.

Sono solo tre ragazzine, che frequentano l’ultimo anno delle medie.

I 13 anni sono gli anni nel bel mezzo dell’adolescenza, quel periodo di passaggio, dove ogni persona si scontra con il suo essere, con il suo carattere, con i suoi ormoni. È il momento di transizione, dall’essere bambino all’essere un adulto. Quella fase in cui i ragazzi prendono le decisioni senza capirne gli effetti, dove combattono tra l’istinto e la curiosità di provare esperienze nuove, dove le tempeste ormonali sono ingestibili.

È quell’età in cui la figura dell’adulto è, sicuramente, considerata ingombrante, fastidiosa e scomoda. Ma è essenziale, per far comprendere loro l’importanza di avere delle responsabilità. Per porre quei paletti necessari per diventare “adulti consapevoli” (seppur lo riconosceranno solo quando arriveranno ad essere adulti!).

Immaginiamo i 13 anni così!

Con i ragazzi che si organizzano il sabato sera, raccontando piccole bugie ai genitori, quelle “bugie bianche” che abbiamo raccontato un po’ tutti. La scuola inizia essere “una palla”, quella grande responsabilità che sappiamo bene che dobbiamo portare avanti, ma senza conoscerne bene l’importanza. Il primo approccio al sesso, quella “prima volta” che tutti abbiamo provato e sperato di avere.

Apro una parentesi in merito, prima che mi ritrovi orde di genitori sotto casa! Fare sesso per la prima volta a 13 anni è indubbiamente presto, ma non possiamo non ammettere che iniziano ad approcciarsi a questo mondo già a quest’età (se non prima!). Non riconoscere questo lato dei propri figli non aiuterà nella loro crescita e nell’educazione al sesso protetto. Ma questo è un argomento che tratterò, molto probabilmente, in un altro articolo, sperando di poter aprire una discussione costruttiva in merito.

Ritornando ai 13 anni.

Cosa facevamo noi a 13 anni?

Io giocavo ancora con le bambole. Ricordo bene che uno dei miei giochi preferiti era quello di mamme e figli, dove io ero, ovviamente, la mamma! Come dimenticare le chiacchierate con le amichette, la prima cotta. Il diario segreto, quel nostro confidente che sapevamo bene non ci avrebbe mai tradito. Perché le emozioni di quel periodo? Era tutto molto amplificato, tutto molto poco gestibile. Ed a quell’età è usuale!

A 13 anni non avremmo mai pensato di prendere un paio di forbici, invitare la nostra amichetta di banco in un parco pubblico e sfregiarla, dopo averla presa a calci e pugni. A 13 anni, avevo timore anche di falsificare la firma della mia mamma, dopo aver preso una nota disciplinare o dopo aver preso un brutto voto ad un compito in classe. Era impensabile, per me, partorire un’idea del genere!

È quello che è avvenuto a Castelbelforte, in provincia di Mantova.

Due ragazzine, di 13 anni appunto, hanno invitato una loro amichetta della classe, in un giardino pubblico. Una di loro aveva un paio di forbici. Dopo averla presa a calci e pugni, l’hanno sfregiata in volto. Le urla della ragazza hanno attirato l’attenzione di una passante, la quale ha chiamato immediatamente i soccorsi.

ATTENZIONE.

Non voglio dire che, un tempo, questa tipologia di eventi non accadevano. Significherebbe invalidare le varie forme di violenza, sia quella presente, che quella passata. E non è assolutamente mia intenzione!

Non posso affermare questo, altrimenti cadrei nel ridicolo!

Queste cose sono sempre accadute e le vittime hanno ancora dei traumi, anche qualora hanno fatto dei percorsi psicologici per poter metabolizzare la violenza subita. Ma gli strascichi rimangono e non possiamo non ammettere che, un’esperienza così abusante, non possa influire su tutti gli eventi della nostra vita. Soprattutto se le cicatrici dovessero essere evidenti. Come nel caso, appunto, di uno sfregio o un’ustione in viso.

IL VISO.

Quella parte del nostro corpo così evidente, così ad impatto.

Ed una cicatrice sul viso non la nascondi così facilmente, neanche con il trucco.

Devi solo “accettarla”, iniziare a pensare che farà parte di te per il resto della tua vita.

Sarà quel tatuaggio indelebile, eterno non voluto, che sarai costretta, però, ad esibire. E non mancheranno gli sguardi, le domande, quella pietà, quella commiserazione, quella compassione, ipocrita molto spesso, che la gente non si risparmierà. Dovrai lavorarci, anche su quello.

Sai bene che dovrai riuscire a trasformarla nella tua forza.

Dovrai far in modo di vedere il positivo anche in quell’esperienza che, di positivo, non ha proprio nulla. Ma sai bene, nel profondo del tuo cuore, che sarai diversa. Anche quello sfregio ti porterà a crescere. Ad essere quella persona che ha accettato e che, molto probabilmente, aiuterà altre, le quali hanno subito la tua stessa esperienza.

Ben presto, quella cicatrice avrà un nome, avrà una storia e non ci sarà più la vergogna di doverla nascondere. Perché nascondere un qualcosa che ti è capitata?

Ma cosa porta un’adolescente a questo tipo di violenza?

A 13 anni non hai consapevolezza di quello che stai dicendo e facendo. Complici anche i genitori, ad oggi figure che, per la maggior parte delle volte, sono assenti nella vita dei figli. Si tende a dare massima rilevanza alla carriera, ai social, a crearsi una vita parallela, mentre i figli combattono con le proprie emozioni ed i fantasmi interiori.

Genitori che tendono ad invalidare le emozioni dei figli, tendendo quasi ad annullarle interamente. Perché, in questo modo, si pensa di avere un controllo completo sui figli. Il “controllo” è, molto spesso, scambiato per “educazione”!

Non si nasce genitori. È vero!

Come so bene che non è una professione che si insegna. Non esiste un corso di formazione, una scuola, un’università.

La crescita e lo sviluppo dei tuoi figli è tutta farina del tuo sacco, della tua educazione, della cultura in cui sei cresciuto/a, del tempo che hai dedicato loro. E, qualora tu non abbia affrontato i tuoi traumi, i tuoi limiti, il rapporto con i tuoi genitori, sarai, a tua volta, una copia dei tuoi stessi genitori. E ripeterai gli errori che loro hanno commesso con te.

Dovremmo sapere che mettere al mondo dei figli comporta dei sacrifici, nostri sacrifici perché noi abbiamo deciso, CONSAPEVOLMENTE, di avere dei figli. Nessuno ci ha obbligati, nessuno ci ha messo la pistola puntata alla tempia. Da adulti maturi, o da presunti tali, si ritiene che la scelta sia stata ben ponderata, conoscendo bene quali siano i nostri limiti e gestendo al massimo le nostre emozioni. Ma, devo dire, ancora oggi, niente di tutto ciò è applicabile.

Ai miei tempi (mi sento un po’ vecchia, in questo momento!), i genitori hanno fatto del loro meglio per crescere dei futuri adulti. Sani o meno, questo è un dettaglio che, oggi, è rilevante, ma all’epoca un po’ meno. Anzi, non ci si chiedeva nemmeno se i figli dell’epoca potessero essere dei futuri adulti sani. Lo erano e basta! A prescindere! Il mettersi in discussione non era a calendario!

I miei genitori erano figli di una generazione un po’ strana, molto povera, con tanti fratelli e sorelle, dove si condividevano spazi e cibo, dall’educazione molto chiusa, bigotta, spesso violenta. Era una generazione dove il dialogo era praticamente assente. Ed i figli dovevano provvedere a loro stessi. Non esisteva sicuramente la gestione delle emozioni e non se ne parlava neanche. Un figlio o una figlia sapeva bene che era meglio non parlare, piuttosto che farlo e ricevere uno schiaffo. Tendo a presumere che, più che rispettare i genitori, si aveva terrore di loro. E, penso, che non sia l’unica a crederlo!

Oggi?

Si è passato da un’eccesso all’altro.

Oggi, abbiamo praticamente tutto e niente si fa mancare ai figli, scatenando in loro la non accettazione del rifiuto. Provate a dire “NO!” ad un figlio di oggi. Capricci e pianti isterici sono normali, con i genitori che, per farlo smettere, cercano di accontentarlo in tutto e per tutto!

Sebbene se ne parli, anche oggi la gestione delle emozioni è un pianeta ancora da esplorare. Se ne parla, quindi sappiamo che esiste, ma non conosciamo nulla in merito. Certo, non si può insegnare un qualcosa che non si conosce e sono d’accordo con voi! Ma abbiamo tutti gli strumenti per iniziare ad apprendere ed esercitare una disciplina importantissima e fondamentale nella crescita di FUTURI ADULTI SANI.

Mi dispiace appurare che, in questo incessante tentativo di zittire i pianti, i capricci, le richieste dei figli, manchi appieno il dialogo.

È più semplice, infatti, metterli davanti all’ultimo I-Phone, che dedicare loro del tempo ed aiutarli nella gestione delle loro emozioni.

Risulta più facile spegnerle quelle emozioni, evidentemente, senza sapere che usciranno sempre fuori, più forti e più travolgenti che mai.

E quando lo faranno, quei figli saranno troppo “grandi” per parlarne con chi avrebbe dovuto, da piccoli, insegnare loro come ci si comporta in certe situazioni. Non per mancanza di volontà, ma perché, francamente, non sono abituati a parlarne.

IL DIALOGO.

Penso che i genitori di oggi abbiano dimenticato cosa significhi essere piccoli.

Il dialogo è, a mio avviso, un ottimo modo per avere un rapporto sano con i figli. Ascoltare cosa provano in un determinato momento della giornata è fonte per un genitore, o almeno dovrebbe essere così, di crescita. Un modo ricco ed interamente gratuito per maturare e perfezionarsi.

Dobbiamo iniziare a pensare che i figli siano PERSONE e non giocattoli da maneggiare quando abbiamo bisogno di attenzioni. Non sono animali da compagnia, ai quali fare la carezza quando vogliamo. Sono PERSONE, con le loro emozioni, i loro sentimenti, le loro voglie, le loro idee, le loro scelte. Sono PERSONE alle quali bisogna insegnare come gestire tutto questo.

Sottolineo che “gestire” non significa “organizzare al loro posto le responsabilità”. I genitori non devono togliere le responsabilità ai propri figli. Non devono sostituire i figli nelle loro attività.

Un genitore NON deve preparare lo zainetto per la scuola, ma deve insegnare ai propri figli come farlo al meglio.

NON deve fare i compiti di scuola ai figli, ma deve insegnare loro le conseguenze che potrebbero avere, qualora non dovessero completarli.

Un genitore NON deve mettersi in mezzo in una relazione dei figli, ma può consigliare loro cosa fare in determinate situazioni.

Più in generale, NON deve mai sostituirsi ad un figlio nelle sue responsabilità, ma deve istruirlo su come fare ad affrontarle, mostrando i pro ed i contro e lasciarlo operare, liberamente, le sue scelte.

Un bravo genitore, a mio avviso, deve permettere ad un figlio di fare le sue esperienze, autonomamente. Deve essere un sostegno per lui. In questo modo, un figlio si sentirà pronto a parlare e ad ascoltare cosa il genitore ha da consigliargli.

A proposito di responsabilità.

Se una ragazza va in giro con un paio di forbici in tasca e sfregia l’amichetta, di chi è la responsabilità? Dei genitori o di quella ragazza?

Senza dare delle colpe, non sono qui per giudicare qualcuno. Saranno gli organi competenti a dover andare in fondo alla faccenda, soprattutto in una circostanza come questa, davvero tanto delicata, perché ci sono di mezzo dei minori.

Ma vorrei che questa tipologia di situazioni fossero un momento di riflessione.

Al posto di quella ragazzetta e dei suoi genitori potremmo trovarci tutti e proprio questo pensiero dovrebbe portarci a metterci in discussione e chiederci:

Siamo (o saremmo) dei buoni genitori per i nostri figli?