Cinema

I soliti sospetti, film statunitense di genero giallo-thriller

“La beffa più grande che il diavolo abbia mai fatto è stato convincere il mondo che lui non esiste”.

I Soliti Sospetti è un film statunitense di genere giallo-thriller, uscito nel 1995, scritto da Christopher McQuarrie e diretto da Bryan Singer. Ha una durata di 1 ora e 45 minuti. Il titolo fa riferimento ai criminali protagonisti del film.

I soliti sospetti è ambientato in California, inizia con la deposizione di un piccolo criminale zoppo. Si tratta di Roger Kint (Kevin Spacey), soprannominato Verbal perché è un chiacchierone e di un poliziotto di nome David Kujan (Chazz Palminteri). All’improvviso accade un assalto e un esplosione di una nave partita da San Pedro in cui l’unico sopravvissuto all’imboscata è un ungherese in coma. Dopo questa rapida introduzione, il film prosegue alternando i flashback alla deposizione. Per buona parte del film rappresenta un commento e una presentazione degli eventi che verranno narrati. Si vedono cinque rapinatori, compreso Kint, e vengono arrestati per un assalto a un camion di armi che non hanno mai commesso.

Dopo essere usciti di prigione per insufficienza di prove, i cinque sono convocati in una stanza da un misterioso avvocato chiamato Kobayashi (Peter Postletwhaite). Apparentemente per nessuna ragione. In realtà, c’è un filo che lega tutti e cinque i criminali all’avvocato: il nome Keyser Söze. Quest’ultimo è considerato da molti una figura a metà tra una leggenda e il diavolo stesso. Infatti, sembra che tutti e cinque abbiano inconsapevolmente creato danni a Söze per cui, essendo in debito con lui, Kobayashi propone loro una rapina a una barca per pagare il loro debito.

I soliti sospetti è un film maestoso che si sviluppa in tre modi diversi. L’introduzione è la parte più comica nella quale sono presentati e caratterizzati i sospetti. Questa parte è la più divertente tra le parti (si pensi alla scena del confronto all’americana). Durante lo svolgimento si ingrana un po’ la marcia. Attraverso la comparsa di personaggi dallo scopo misterioso e situazioni che sfuggono sempre più di mano, si percepisce la sensazione che la storia e gli eventi si vogliano volontariamente fare piccoli e innocenti nei confronti dello spettatore, facendolo così sottovalutare la situazione. La conclusione è la parte che prende alla sprovvista e travolge lo spettatore cambiando improvvisamente il tono del film e facendo prendere una piega inaspettata agli eventi, come una persona che si finge ferita e debole davanti a un’altra per farle abbassare la guardia e contrattaccarla non appena se ne presenta l’occasione.

Detto ciò, per citare la frase ad inizio articolo che sintetizza il contenuto del film (una riformulazione di un’altra frase pronunciata dal poeta francese Charles Baudelaire), la forte convinzione in qualcosa, giusta o sbagliata che sia, genera in noi un senso di comprensione della realtà ma ci forza a vedere la cosa da un’unica prospettiva senza analizzarla da altri punti di vista, simili o totalmente opposti. Quanto perdura nel tempo ed è fissa nella nostra mente, maggiore sarà la beffa che subiremo quando la nostra convinzione sarà distrutta e sparirà. E infatti, come è citato nel film:

“Come si fa a sparare al diavolo?”