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Vendemmie: raccontare il vino tra cultura, giovani e territori attraverso storie, interviste e appassionati.
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Vendemmie: raccontare il vino tra cultura giovani e territori

27 Maggio 2025 Redazione The Digital Moon
Vendemmie: raccontare il vino tra cultura, giovani e territori attraverso storie, interviste e appassionati.

Intervista a Luca Serafini, giornalista e scrittore Italiano e direttore di Vendemmie: raccontare il vino tra cultura, giovani e territori attraverso storie, interviste e appassionati.

Vendemmie nasce come progetto editoriale di MWW Media. Qual è la visione che guida la vostra linea editoriale e in che modo si differenzia da altre testate del settore enogastronomico?


Vendemmie è nato come il magazine di MWW Group, la società che organizza due tra le più importanti manifestazioni italiane dedicate al mondo del beverage e del food: la Milano Wine Week, giunta quest’anno all’ottava edizione, e l’Aperitivo Festival, in programma a Milano dal 9 all’11 maggio. Vendemmie rappresenta il fiore all’occhiello della comunicazione di questi eventi, e non solo.
Quando Federico Gordini imprenditore più che editore mi ha affidato la direzione nel febbraio 2024, aveva un’idea chiara: superare la verticalità tematica. Io sono uno scrittore, giornalista sportivo, ma da sempre appassionato di ambiente. Così, in linea con la sua visione, ho ampliato gli argomenti trattati: il vino viene dalla terra e arriva in tavola. Parliamo quindi di clima, agricoltura, acqua, aria, cibo, cucina…

Il vostro team include giornalisti, sommelier, illustratori e designer. Come si traduce questa multidisciplinarità nella narrazione del vino?


Con un approccio a 360 gradi: interviste, approfondimenti, eventi, racconti. Abbiamo esteso il dialogo sul vino e su tutto ciò che lo circonda a sportivi, personaggi dello spettacolo, della cultura e persino dell’architettura. Il vino ha due case: la bottiglia e la cantina. Realizziamo anche servizi su aziende che si occupano di packaging e arredamento.

In che modo Vendemmie contribuisce a valorizzare l’identità dei brand vinicoli italiani attraverso i vostri contenuti?


Attraverso il racconto di storie di vita, lavoro, azienda, persone e territorio. Questi valori aggiunti permettono al lettore di scoprire realtà significative del nostro Paese, dove agricoltura, vino e gastronomia sono eccellenze assolute. Le storie abbattono le barriere: ci rivolgiamo sia agli esperti sia ai neofiti, ampliando sensibilmente il pubblico. I contenuti tecnici sono pochi, a parte le degustazioni di alto profilo curate da Andrea Grignaffini, il nostro direttore editoriale. Ultimamente ci stiamo concentrando molto anche su attualità e informazione: il settore è in difficoltà, tra crisi climatica, costi crescenti, dazi e la cattiva comunicazione sul nuovo Codice della Strada.


Approccio culturale e comunicativo

Uno dei vostri articoli sottolinea che “abbiamo reso il vino una moda senza investire sulla cultura del settore”. Come intendete colmare questo divario culturale attraverso le vostre pubblicazioni?


Era una riflessione di un intervistato, ma la condividiamo. Un sommelier o anche solo un cameriere dovrebbe offrire più di un consiglio tecnico: un aneddoto, uno spunto, un’emozione. È attraverso l’esperienza che si coinvolgono i giovani. Federico Gordini mi ricordava che si diventa davvero cultori del vino dopo i 40 anni, inteso come conoscenza, non come consumo. Oggi i giovani tendono al no-alcol o al low-alcol: raccontare loro sapori, storie, personaggi è cruciale.

Vendemmie si rivolge sia a professionisti del settore che a semplici appassionati. Come riuscite a bilanciare contenuti tecnici e divulgativi per soddisfare entrambi i pubblici?


Proprio ampliando le interviste anche a personaggi che col vino hanno poco a che fare, soprattutto donne. Una delle prime interviste che ho firmato come direttore è stata con Giovanni Branchini, manager internazionale che ha curato la carriera di Ronaldo il Fenomeno, Romario, Donadoni… Perché? Perché le trattative si fanno e si chiudono spesso a tavola, davanti a un buon bicchiere di vino.

Qual è il ruolo delle interviste e delle storie personali nel raccontare il mondo del vino? Potete condividere un esempio significativo?


Quello appena citato è emblematico. Branchini parlava di accordi chiusi (o saltati) a tavola. I nostri collaboratori, come Luca De Franco, Camilla Rocca, Nello Gatti e Paolo Caruso, raccontano storie che intrecciano sport, cultura, territorio, gastronomia, sostenibilità. Il vino è sempre presente, anche quando non è protagonista.


Innovazione e nuove generazioni

Nel vostro progetto “Wine Generation”, come raccontate l’evoluzione del settor2e vinicolo attraverso le nuove generazioni?


Attraverso interviste e storie di ragazzi e ragazze che vivono il vino da vicino, anche solo come consumatori. L’obiettivo è raccontare il vino come esperienza da vivere con consapevolezza e cultura. Anche l’Aperitivo Festival va in questa direzione: non un’abbuffata, ma un’occasione di convivialità, socialità e gusto, con cibi e bevande di qualità.

Quali strategie adottate per coinvolgere i giovani e renderli partecipi della cultura del vino, considerando le sfide comunicative attuali?


Riassumendo quanto detto: puntiamo su viaggi, territori, storie, esperienze. Raccontiamo uomini e donne che hanno costruito qualcosa di significativo. I giovani devono apprezzare la qualità più della quantità: è il solo modo per vivere il vino con equilibrio.

Come affrontate il tema dell’innovazione nel settore vinicolo, ad esempio attraverso tecnologie o nuovi approcci alla produzione e comunicazione?


Facendo parlare imprenditori, esperti, tecnici. Il linguaggio è chiaro e accessibile a tutti. La comunicazione è oggi una delle grandi sfide della filiera: va aggiornata, resa efficace, dinamica. La nuova generazione è pronta, smart, preparata.


Territorio e storytelling

Le rubriche “Gli Itinerari del Gusto” e “Wine People” evidenziano il legame tra vino e territorio. Come selezionate le storie e quali criteri guidano le vostre scelte editoriali?


Come in ogni redazione, valutiamo gli argomenti in base alla loro originalità, curiosità, unicità. Lavoriamo a distanza, ma il contatto quotidiano con i miei collaboratori più assidui Emma Pagano e Mattia Marzola permette di mantenere alta la qualità editoriale.

In che modo il racconto del territorio promuove il turismo enogastronomico e valorizza le produzioni locali?


Stiamo seguendo con attenzione il tema dell’enoturismo, oggi più importante che mai, soprattutto alla luce delle restrizioni legate alla guida dopo il consumo di alcol. È un modo concreto per far conoscere ai lettori ciò che raccontiamo: i sapori, gli odori, i profumi non si possono scrivere, ma si possono vivere.


Collaborazioni e prospettive future

Vendemmie ha collaborato con Adnkronos per il lancio di Adnkronos Wine. Quali vantaggi ha portato questa partnership?


È stata una collaborazione breve, già conclusa.

Quali sono le prospettive future per Vendemmie? Avete in programma nuove iniziative o espansioni, anche a livello internazionale?


Vogliamo diventare un punto di riferimento per chi lavora e vive il mondo del vino: produttori, sommelier, ristoratori, manager, imprenditori. L’editore sta lavorando a una versione inglese del magazine, che speriamo di lanciare entro l’anno. La nostra newsletter ha oltre 150.000 contatti: vogliamo che Vendemmie diventi un appuntamento fisso, leggibile e riconoscibile.

Conclusione

In un panorama enogastronomico in continua evoluzione, Vendemmie si distingue per la capacità di dare voce a chi il vino lo vive ogni giorno, tra tradizione e innovazione. Attraverso racconti autentici, attenzione al territorio e uno sguardo attento alle nuove generazioni, il magazine costruisce un ponte tra cultura e convivialità.
L’ intervista a Luca Serafini direttore di Vendemmie: raccontare il vino tra cultura, giovani e territori non è solo una linea editoriale, ma una visione inclusiva e dinamica, che invita a riscoprire il vino come esperienza, racconto e patrimonio condiviso.

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