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Ornela Casassa, l’ingegnera con una paga da 750 euro

Lo sfruttamento mascherato da civiltà

I social non ci deliziano, solo, di cose superficiali ed ironiche. Non servono solo per prendere contatti o per pubblicare selfie o foto delle vacanze. Si trovano e girano, anche video molto interessanti, i quali sono utilissimi, a mio avviso, per diffondere certi messaggi. Poi, chissà, gli stessi possono far riflettere e riaccendere un po’ i riflettori su situazioni che, ormai, sono considerati normali, ma non lo sono affatto!

Una di queste situazioni è, sicuramente, quella che si vive nel mondo del lavoro. Nel 2023, sappiamo benissimo quanto sia diventato difficile e precario e quanto i datori di lavoro pretendano, senza offrire e ripagare per il lavoro svolto. Non è, poi, così raro trovare imprenditori che richiedono fedeltà eterna, disponibilità massima e prostrazione, oltre che continui ringraziamenti per “l’occasione ricevuta”.

Mentre da un lato c’è chi accetta passivamente il tutto. Senza mai lamentarsi né tantomeno ribellarsi, perché “Tanto o qui o da un’altra parte non cambia!” Dall’altro lato c’è chi non riesce più a sopportare determinate condizioni e rifiuta posti di lavoro, magari fissi, ma sottopagati e totalmente privi di dignità per il presunto lavoratore.

Si chiama Ornela Casassa, è un ingegnere edile di Genova ed ha 28 anni.

È diventata famosa, in poche ore, grazie ad un video, girato in un locale storico di Genova. Ornela denuncia di aver rifiutato uno “stipendio di fame” di 750 euro al mese. Nel video, si vede molto bene che lei è a cena e si infervora, raccontando di quella volta che ha rifiutato l’offerta di un posto di lavoro, dove la paga non lasciava presagire certo una vita dignitosa. “Io, a 28 anni con quella cifra non posso vivere”, dice e non ha mica tanto torto!

Il video della denuncia della ragazza è stato girato dalla Consigliera della Regione Liguria, Selena Candia. Dopo averlo postato su un noto social, in pochissimi minuti è diventato virale. Ha suscitato sia tanto sostegno da parte dei giovani che, come lei, si ritrovano a dover accettare condizioni lavorative proibitive e limitanti e sia qualche critica.

In particolare, ad innalzare i toni, è stata la sua frase: “Bisogna alzare l’asticella, non è possibile accettare stipendi da fame perché abbassano il mercato anche per gli altri. Chi si fa andare bene queste cifre, è un privilegiato.”

Secondo la ragazza, infatti, solo chi ha uno sostegno economico più forte rispetto a quello che offrono, al mese, i datori di lavoro, può accettare certe condizioni. E non mi sento di darle contro!

https://www.youtube.com/watch?v=aOK4UIwXgsk

Non possiamo certo non tenere conto che, ad oggi, chi ha il sostegno dei genitori, è un privilegiato. Non è possibile, infatti, conti alla mano, poter vivere con 750 euro al mese. Pagare affitto, bollette, spese varie e poter anche mangiare, se non si dovesse avere un introito mensile che fa stare, certamente, più tranquilli.

Attenzione! Non voglio dare contro a chi dovesse avere l’aiuto di terzi per poter vivere!

Il discorso è che non bisogna dare per scontato che tutti abbiano questa tipologia di aiuti. Quindi, un lavoro dovrebbe dare la possibilità di mantenersi da soli, a prescindere se il lavoratore abbia o meno un rinforzo economico. Senza tenere conto che, un tempo, non esistevano sostegni, ma solo tanta volontà di lavorare e diventare indipendenti. Oggi, invece, l’indipendenza sembra essere diventata un aspetto raro e talmente lontano, da causare pigrizia e assuefazione di aiuti.

Ornela è stata paragonata a Braveheart. Proprio per sottolineare il suo coraggio nel prendere una posizione contraria al mondo del precariato ma, soprattutto, l’audacia della sua forte ribellione. È una delle pochissime che, al giorno d’oggi, sono riuscite, non senza rimorso sicuramente, a rifiutare un posto di lavoro economicamente disagiante. Totalmente limitante sotto il punto di vista della realizzazione di sé stessi e completamente privo di qualsiasi prospettiva per il futuro. È talmente raro che possa accadere, che è diventata addirittura virale!

Secondo me, da quello che vedo e vivo, si ha bisogno di un numero imprecisato di queste manifestazioni di dissenso. Proprio per non fomentare una situazione già incancrenita da anni e dare un segnale forte. Ma finché ci sarà chi, dietro ad una persona che rifiuta questi posti di lavoro, accetta e senza batter ciglio, è ovvio che non smetteranno mai di fare certe proposte indecenti.

Non biasimo loro! Questa gente è la cartina tornasole di quella parte di società, priva di spina dorsale e completamente assogettata a chi considera più “forte”. E questo è un grave segno dell’ignoranza dilagante!

Ornela ha 27 anni, io 35. Ci passiamo meno di 10 anni, ma le esperienze nel campo lavorativo sono praticamente le stesse! Cambiano i volti, i percorsi di studio, magari anche le città, ma le emozioni, i sentimenti che suscitano certe condizioni sono le stesse!

La posizione di Ornela la comprendo molto bene. Lo schifo e l’umiliazione che scaturiscono dalle proposte lavorative che, quasi giornalmente, arrivano a ragazzi della nostra età, anche.

Lo schifo deriva, principalmente, dal fatto che non si comprende come una persona, che si pensi abbia l’età di tua madre o tuo padre, un uomo o una donna già formati, già completi, con esperienze già belle e fatte, possano arrivare a proporre sfruttamento, misto a dedizione completa e fiducia incondizionata.

Sì, perchè la maggior parte delle volte, questi soggetti pretendono anche un tuo annullamento, come persona “pensante” ed “indipendente”! Invece di “dare spazio ai giovani” e “incoraggiarli a fare sempre meglio”, sembra quasi che si cerchi di schiacciarli. Forse perché così ci si sente più forti?

L’umiliazione deriva, invece, dal fatto che sei ben conscia che i tuoi sacrifici ed i tuoi investimenti, economici e non, in un progetto di studio, sono praticamente vani. Sei consapevole che, qualora tu volessi realizzare dei progetti di vita, matrimonio, figli, casa, o altro, non sarebbe possibile con uno stipendio che non ti permette neanche di arrivare a fine mese, di pagare un affitto, di comprare un’auto, di fare quel viaggio che hai tanto sognato.

In situazioni del genere, che sono tantissime, i sogni nel cassetto di noi giovani diventano incubi. Quell’ansia, quel panico, quei sentimenti tossici per te, sono le emozioni negative che più senti. Vivrai sempre con quel senso di vuoto e di mancanza di qualcosa, con quel sentimento di delusione e frustrazione che, giornalmente, aumenteranno, finchè non arriverai a non sopportare più!

Lasci questo posto? E cosa trovi? Un altro posto di lavoro che ti sfrutterà e non ti premierà per quello che vali veramente! È come un cane che si morde la coda!

Io sono una donna di 35 anni, che vive in una città del Sud.

Amo Brindisi forse più di me stessa, tanto che ho deciso, non senza sacrificio, di rimanere qui ed accettare ciò che arrivava, pur di lavorare e condurre la mia vita nel migliore dei modi.

Mi sono laureata in una disciplina medico-scientifica, chiamata “Tecniche di Laboratorio Biomedico”, un corso di laurea che ho voluto frequentare e che ho iniziato ad amare fin dall’inizio. Dopo più di 10 anni, mi ritrovo a fare tutt’altro! Vendo case, con p.IVA e, anche in questo caso, avrei tanto da dire sulla questione percentuale di provvigione che mi viene concessa, a fronte della mole di lavoro che prevede il lavoro in questione.

Dopo una serie di stage e percorsi formativi presso varie aziende, ho lavorato in due laboratori analisi, uno di Brindisi e l’altro di Lecce. Il primo datore di lavoro, dopo un anno di progetto formativo pagato dalla Regione Puglia, mi ha concesso il contratto a tempo indeterminato part-time, duranto solo 10 mesi. Pagata per 4 ore, lavoravo per il doppio e le mie mansioni non erano solo quelle del tecnico di laboratorio, ma anche quello di segretaria di accettazione, front-office, contabile, ecc…

Con 800 euro al mese, portavo avanti un intero laboratorio e non senza responsabilità. Infatti, la mia mansione, essendo una laurea a tutti gli effetti, ha delle responsabilità molto alte, le quali riguardano sia i pazienti che te stesso. Per questo, ti chiedono di aprire una posizione assicurativa, che copra la tua vita e quella di “responsabilità civile”, in caso qualcuno dovesse pensare di denunciarti per eventuali errori e/o consegna di referti con valori patologici “falsi”.

Il secondo datore di lavoro ha voluto la p.IVA (per questo mi ritrovo la p.IVA!). Ho lavorato per 650 euro al mese, dalle quali mi pagavo la trasferta in un’altra città, i contributi, l’assicurazione di cui ho parlato pocanzi, per fare le stesse mansioni che ho elencato sopra. Capite bene che la situazione si è risolta in pochi mesi, in quanto le spese erano di più rispetto ai guadagni!

Ed ora?

Ed ora, come già anticipato, faccio l’agente immobiliare.

Ho pensato che, se avessi dovuto avere la p.IVA e fare la dipendente, avrei fatto la libera professionista, a quel punto, senza dare conto a nessuno!

Ma non è propriamente così!

So bene che non esiste il lavoro dei propri sogni, come non esiste la casa dei propri sogni o l’uomo o la donna dei propri sogni!

La vita è fatta di compromessi, una continua mediazione tra te stesso e gli altri. Chi comprende la mediazione, comprende bene un atteggiamento che può ritornare utile in diverse occasioni, ma non deve essere un principio sul quale basare tutta la propria vita. C’è il periodo del riscatto, arriva prima o poi quel momento in cui senti il bisogno di realizzarti ed “essere qualcuno”, dove “il tempo dei sacrifici” lascia lo spazio al “tempo delle soddisfazioni”!

La vita, in tutte le sue sfaccettature, è come un terreno. Lo stesso va aratro, coltivato, irrigato, curato in ogni sua parte. Bisogna conoscerne il periodo in cui deve riposare e quello in cui piantare e coltivare ciò che vuoi, come bisogna informarsi sui vari antiparassitari da utilizzare, per non rovinare tutto il lavoro svolto. Qualora uno di questi passaggi dovesse saltare, cosa ne potrebbe uscire mai fuori?

L’art. 1 della Costituzione Italiana recita, in parte: “L’Italia è una Repubblica fondata sul lavoro”.

Il lavoro è un diritto disciplinato dalla legge, ma, ad oggi, non viene tutelato. E l’amarezza è proprio quella!

Quello che dovrebbe essere una regola astratta di una civile convivenza, si è trasformato, in pochissimi anni, in un incubo che tutto è tranne che CIVILE.

Possiamo essere tanti piccoli Ornela. Basta prendere coraggio. E nel momento in cui dovesse arrivare la consapevolezza, il cambiamento sarà inarrestabile. Per tutti.

Foto Roberto Monaldo / LaPresse 09-04-2011 Roma Interni Manifestazione contro il lavoro precario Nella foto Un momento della manifestazione Photo Roberto Monaldo / LaPresse 09-04-2011 Rome Demonstration against precarius work Nella foto A moment of demonstration