Attualità

Paola Cortellesi e quel monologo sul sessismo

Il 25 aprile, la Giornata della Liberazione d’Italia dal Fascismo. In TV, ai vari telegiornali, si parla della manifestazioni che stanno bloccando grandi città, come Torino. Manifestazioni per richiedere la liberazione della Palestina.

Ma questo mio nuovo articolo non parlerà certo di un tema così delicato.

Non sono molto brava a trattare di politica internazionale. Mi risulterebbe più semplice parlare della sofferenza che, in questo momento, sta colpendo tanta gente. Ma io penso che sia più costruttivo guardare le immagini, diffuse in tutto il mondo, di ciò che sta accadendo e questo dovrebbe bastare per sensibilizzare le persone.

Questa è sensibilità. E la sensibilità non si compra al supermercato. È un’emozione, un sentimento talmente nobile, dalle mille sfaccettature, che ci aiuterebbe a non commettere errori grossolani, i quali possono ferire barbaramente.

Cos’è la sensibilità?

La sensibilità è un aspetto intrinseco dell’esperienza umana che abbraccia una vasta gamma di sfumature emotive e cognitive. È un faro che guida le nostre interazioni, i nostri pensieri e le nostre azioni, dando forma alla nostra percezione del mondo circostante. Attraverso il prisma della sensibilità, siamo in grado di cogliere le sfumature dell’esistenza umana con una profondità sorprendente, navigando tra le acque delle emozioni, dell’intuizione e della comprensione.

La sensibilità non può essere confinata in una definizione statica, poiché si manifesta in molteplici forme ed intensità.

  • Empatia: uno dei pilastri fondamentali della sensibilità è l’empatia, la capacità di comprendere e condividere i sentimenti degli altri. Attraverso l’empatia, ci avviciniamo al cuore delle persone, percependo le loro gioie, dolori e speranze. È il ponte che ci collega agli altri, permettendoci di creare legami significativi e di alimentare la compassione.
  • Reattività emotiva: la sensibilità si manifesta, anche, attraverso la reattività emotiva, la prontezza con cui rispondiamo agli stimoli esterni. Alcune persone possono essere più suscettibili alle influenze emotive, reagendo in modo intenso ad eventi ed esperienze. Questa reattività può essere sia una fonte di forza che di vulnerabilità, poiché amplifica la gamma delle nostre esperienze emotive.
  • Intuito: la sensibilità abbraccia anche l’intuito, una forma di conoscenza istintiva che trascende la razionalità. L’intuito ci guida attraverso le nebbie dell’incertezza, permettendoci di percepire la verità al di là delle apparenze. È una bussola interiore che ci orienta verso scelte e decisioni significative.
  • Sensibilità ambientale: oltre alla sensibilità interpersonale, vi è la sensibilità ambientale, la capacità di percepire e rispondere alle energie ed agli elementi presenti nel nostro ambiente. Alcune persone sono particolarmente attente alle vibrazioni ed alle atmosfere circostanti, reagendo sensibilmente agli spazi fisici e sociali.

La sensibilità colora ogni aspetto della nostra vita quotidiana, plasmando le nostre relazioni, le nostre scelte e la nostra percezione del mondo.

  • Relazioni interpersonali: nelle relazioni interpersonali, la sensibilità agisce come collante emotivo, facilitando la comprensione reciproca e la condivisione autentica. Essa ci consente di essere presenti per gli altri, di ascoltare senza giudicare e di offrire conforto quando necessario.
  • Autenticità: essere sensibili implica anche l’essere autentici, onesti nelle nostre emozioni e nei nostri intenti. La sensibilità ci invita ad essere vulnerabili, ad aprirci agli altri con coraggio e trasparenza.
  • Crescita personale: la sensibilità è anche un catalizzatore per la crescita personale e spirituale. Attraverso la consapevolezza delle nostre emozioni e dei nostri pensieri, possiamo intraprendere un viaggio di auto-esplorazione e trasformazione, imparando a gestire le nostre reazioni e ad accogliere la complessità della vita.
  • Bilanciamento: è importante trovare un equilibrio nella sensibilità, evitando di essere travolti dalle emozioni o di sopraffarsi con l’empatia. Il self-care diventa cruciale per coloro che vivono intensamente le proprie esperienze emotive, offrendo un rifugio di pace e di rigenerazione.

Questa mia introduzione al mondo della sensibilità mi aiuta a fare una piccola riflessione. Ho notato come noi, intesi come genere umano, siamo sempre meno sensibili ed empatici. È molto più semplice, infatti, trovare persone che ci giudicano e ci puntano il dito contro e non trovare quel giusto supporto, che possa aiutarci a vivere meglio una determinata situazione.

E di sensibilità che abbiamo bisogno!

E di sensibilità non possiamo certamente parlare quando le scene vengono prese d’assalto dal sessismo.

Nel 2018, al David di Donatello, Paola Cortellesi ha interpretato un monologo davvero tanto significativo. Sono passati sei anni, ma è sempre attuale ed ho come la sensazione che lo rimarrà per tanto tempo ancora.

Nessun problema!

Lo riproporrò con tanto piacere, se questo dovesse servire a cambiare un attimino la rotta.

Questo è il testo:

È impressionante vedere come nella nostra lingua alcuni termini che al maschile hanno il loro legittimo significato, se declinati al femminile assumono improvvisamente un altro senso, cambiano radicalmente, diventano un luogo comune, un luogo comune un po’ equivoco che poi a guardar bene è sempre lo stesso, ovvero un lieve ammiccamento verso la prostituzione.
Vi faccio degli esempi.
Un cortigiano: un uomo che vive a corte; Una cortigiana: una mignotta.
Un massaggiatore: un cinesiterapista; Una massaggiatrice: una mignotta.
Un uomo di strada: un uomo del popolo; Una donna di strada: una mignotta.
Un uomo disponibile: un uomo gentile e premuroso; Una donna disponibile: una mignotta.
Un uomo allegro: un buontempone; Una donna allegra: una mignotta.
Un gatto morto: un felino deceduto; una gatta morta, una mignotta.
Non voglio fare la donna che si lamenta e che recrimina, però anche nel lessico noi donne un po’ discriminate lo siamo.
Quel filino di discriminazione la avverto, magari sono io, ma lo avverto. Per fortuna sono soltanto parole. Se davvero le parole fossero la traduzione dei pensieri, un giorno potremmo sentire affermazioni che hanno dell’incredibile, frasi offensive e senza senso come queste. “Brava, sei una donna con le palle”, “Chissà che ha fatto quella per lavorare”, “Anche lei però, se va in giro vestita così”, “Dovresti essere contenta che ti guardano”, “Lascia stare sono cose da maschi”, “Te la sei cercata”.
Per fortuna sono soltanto parole ed è un sollievo sapere che tutto questo finora da noi non è mai accaduto.

Andrebbe visto il video. I monologhi vanno sì scritti, ma vanno soprattutto ascoltati.

La Cortellesi è stata accompagnata da altre interpreti, che hanno reso ancora di più l’idea del sessismo che esiste ancora in questo periodo storico. Nonostante tutto.

Jasmine Trinca: “Brava, sei una donna con le palle.

Isabella Ragonese: “Chissà quella che ha fatto per lavorare.

Claudia Gerini: “Anche lei però, se va in giro vestita così

Giovanna Mezzogiorno: “Dovresti essere contenta che ti guardano.

Serena Rossi: “Lascia stare sono cose da maschi!

Sonia Bergamasco: “Te la sei cercata.

Ed ora arriva il bello!

Il testo interpretato dalla Cortellesi è stato scritto da Stefano Bartezzaghi, professore, enigmista e grande esperto del linguaggio.

Semplicemente, un uomo.

E questo rende tutto molto più profondo e significativo.

Ho già scritto un articolo sulle offese al maschile ed al femminile (lo trovate qui). È costume, infatti, “definire” l’uomo sotto alcuni punti di vista e la donna, invece, nel solo ambito sessuale.

Anche questo monologo mostra come alcune parole ed espressioni della lingua italiana, se declinate al maschile, rivestano un significato ordinario, ma se declinate al femminile, il tutto cambia drasticamente. Come ho già detto e dimostrato infatti, esse richiamano inequivocabilmente l’ambito sessuale, nella sua concezione più sporca e volgare, legittimando, quindi, la sottomissione e l’umiliazione della donna.

Ho voluto iniziare questo mio nuovo articolo parlando della sensibilità, in quanto sono convinta che il sessismo, la discriminazione, l’umiliazione possano essere combattuti se tutti avessimo la capacità di metterci nei panni della “vittima”. Capacità che è sempre più rara, purtroppo.

In un mondo che, talvolta, valorizza la durezza e la distanza emotiva, infatti, è importante riconoscere e celebrare la sensibilità come una forza, non come una debolezza. Essa arricchisce il tessuto delle nostre relazioni, ci connette con la nostra umanità più profonda e ci insegna la bellezza della compassione e della gentilezza.

Non si chiede chissà che cosa. Non tutti sono in grado di sostenere la vittima nel suo duro percorso di guarigione. Ma la sensibilità sì, quella la pretendiamo. Perchè solo chi ha subito può comprendere il significato di ciò che è successo. Ed il giudizio della gente, il “costume” che ho elencato sopra non aiuta assolutamente!

La sensibilità è un dono prezioso che ci invita a vivere con cuore aperto e mente consapevole, abbracciando la ricchezza e la complessità della vita con gratitudine e rispetto. Attraverso la sensibilità, scopriamo la vera essenza della nostra umanità e ci avventuriamo in un viaggio di scoperta e di crescita che ci arricchisce e ci trasforma profondamente.

Quindi, perché non valorizzarla?

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