Intervista a Verdiano Vera: l’arte di creare eventi Indimenticabili
Intervista a Verdiano Vera: l’arte di creare eventi Indimenticabili, tra musica e innovazione, capace di lasciare il segno. In questa conversazione esclusiva, Verdiano Vera artista, produttore e visionario culturale racconta il suo percorso, dalle radici musicali alla creazione di format ed esperienze che fondono arte, tecnologia e partecipazione. Un viaggio nel cuore di progetti che hanno trasformato la musica in un potente strumento di connessione e crescita collettiva.
Dalla chitarra classica al rock progressivo: come ha influenzato la tua formazione al Conservatorio Niccolò Paganini il tuo approccio eclettico alla musica?
Il Conservatorio è stato il mio primo grande amore musicale. La chitarra classica mi ha insegnato la disciplina, l’ascolto profondo, l’equilibrio tra tecnica e sentimento. Ma dentro di me c’era già la voglia di rompere gli schemi, di esplorare territori nuovi. Il rock progressivo mi ha dato quella libertà: potevo unire la struttura, l’educazione e la complessità della musica colta alla forza e alla maleducazione espressiva del rock. È stato un passaggio naturale, quasi inevitabile.
Studio Maia: come è nato il progetto e in che modo rappresenta il cuore delle tue attività musicali e culturali?
Studio Maia è nato dal mio desiderio di creare un luogo vivo, un laboratorio creativo dove potessero incontrarsi musicisti, tecnici, artisti, visionari. Non è stato solo uno studio di registrazione, è stato uno spazio mentale. È lì che abbiamo sviluppato idee, prodotto contenuti, messo a fuoco progetti culturali che spesso sono andati ben oltre la musica. È stato per anni la mia officina, il cuore pulsante della Maia Group. Oggi Studio Maia è dedicato prevalentemente alla ricerca musicale, ai nuovi generi, all’innovazione e alla sperimentazione.
FIM – Salone della Formazione e dell’Innovazione Musicale: qual è stata la motivazione principale per la creazione del FIM e come si è evoluto negli anni?
Il FIM è nato da una semplice constatazione: in Italia mancava un luogo dove chi fa musica potesse incontrare chi la insegna, chi la produce, chi la innova. Volevo un evento che fosse una fiera, sì, ma anche un’esperienza educativa, uno spazio di sperimentazione. Nel tempo è cresciuto, si è evoluto, ha cambiato forma e sede, ma ha sempre mantenuto quel DNA: mettere al centro la formazione e l’innovazione come motori del futuro musicale.
Collaborazioni con artisti storici: hai lavorato con gruppi come Delirium, Latte e Miele e Il Tempio delle Clessidre. Quali sono state le sfide e le soddisfazioni più significative?
Collaborare con nomi che hanno fatto la storia del prog italiano è stato un onore. Ma anche una sfida: portare avanti un’eredità così importante significa avere grande rispetto, ma anche il coraggio di rinnovare. La soddisfazione più grande è stata creare ponti generazionali, vedere queste band rivivere su nuovi palchi, davanti a nuovi pubblici, con produzioni che univano tradizione e modernità.
Progetto “Ora che”: come è nata l’idea di riunire 37 artisti per il brano benefico e quali sono stati gli impatti sulla comunità genovese?
“Ora che” è nato come risposta all’alluvione che colpì Genova nel 2011, in un momento di grande fragilità collettiva. Volevo reagire, restituire senso alla musica come strumento di unione e solidarietà per la mia città. Ho contattato decine di artisti genovesi e la risposta è stata commovente: tutti hanno detto sì. Il brano ha raccolto fondi, certo, ma soprattutto ha dato voce a una città ferita ma viva, capace di cantare insieme per risollevarsi.
La Lanterna D’Oro: qual è l’obiettivo principale di questo festival per giovani talenti e come contribuisce alla loro crescita artistica?
Con La Lanterna d’Oro ho voluto dare visibilità e strumenti concreti ai giovani talenti. Non è stato solo un concorso: è stato un percorso, un’occasione di crescita artistica e personale. Abbiamo lavorato sulla qualità, sulla formazione, sull’esperienza dal vivo. Ogni partecipante è uscito dal concorso con qualcosa in più, non solo in termini di visibilità, ma di consapevolezza e motivazione.
Soundflowers e musica chillout: cosa ti ha spinto a esplorare generi come la lounge e l’ambient music con questo progetto?
Soundflowers ha rappresentato il mio lato più intimo e meditativo, sviluppato in studio con i miei amici musicisti di allora: Giacomo Caliolo, Davide Rossi, Stefano Palumbo, Ettore Biscuso e tanti altri. Dopo tanti anni di produzioni pop rock e dischi energici, sentivo il bisogno di rallentare, di creare atmosfere. La lounge, l’ambient, la chillout sono linguaggi che ti permettono di raccontare emozioni senza l’urgenza del ritmo. È stato un progetto che ho curato come una pianta: con pazienza, attenzione e delicatezza.
Innovazione tecnologica negli eventi: in che modo integri realtà virtuale e aumentata per creare esperienze immersive?
La tecnologia non è un fine, è un mezzo potentissimo. Con la realtà virtuale e aumentata possiamo trasformare uno spettacolo in un viaggio, una conferenza in un’esperienza multisensoriale. Nei nostri eventi cerchiamo sempre di sorprendere, di coinvolgere tutti i sensi. La tecnologia ci permette di costruire mondi, di emozionare in modi nuovi, senza mai perdere il contatto con il contenuto e con il pubblico.
Consulenza per aziende e istituzioni: come collabori con enti pubblici e privati per sviluppare progetti culturali di successo?
Con le Pubbliche Amministrazioni e le aziende servono ascolto, visione strategica e capacità operativa. Ogni progetto parte da un’esigenza reale e si costruisce con creatività, ma anche rigore. Il mio ruolo è quello di facilitatore: porto idee, competenze tecniche e una rete di professionisti per trasformare una proposta in un evento di valore. La chiave è l’affidabilità unita all’originalità.
Visione futura della musica in Italia: quali sono le principali sfide e opportunità per il settore nei prossimi anni?
Le sfide sono tante: il digitale ha rivoluzionato tutto, spesso a scapito della qualità e del lavoro degli artisti. Serve ridare centralità alla formazione, alla filiera produttiva, alla musica dal vivo. Ma ci sono anche grandi opportunità: l’Italia ha una creatività inesauribile, un patrimonio culturale straordinario. Se sapremo investire sui giovani, sulle tecnologie e sull’internazionalizzazione, la musica italiana potrà tornare protagonista nel mondo.
Conclusione
Verdiano Vera ci ha guidati in un percorso fatto di visione, passione e coraggio creativo. Le sue esperienze dimostrano come la musica possa essere molto più di una forma d’arte: può diventare un mezzo per costruire connessioni autentiche, valorizzare i talenti e trasformare luoghi e contesti.
L’Intervista a Verdiano Vera: l’arte di creare eventi Indimenticabili, tra musica e innovazione, capace di lasciare il segno, è ritratto sincero di chi ha scelto di innovarsi restando fedele alla propria identità, rendendo ogni progetto un’esperienza da ricordare.
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