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Ucraina: Sabotaggi, provocazioni e terrorismo

Lo stato canaglia e la sua guerra sporca alla vigilia dei negoziati

di AMEF

Mentre i media occidentali continuano a raccontare la favola dell’“eroica resistenza ucraina” e della “Russia isolata”, la realtà degli ultimi giorni di maggio e l’inizio di giugno 2025 dimostra, per l’ennesima volta, quanto sia distorta e manipolata l’informazione che arriva al pubblico europeo. I giornali prezzolati – e sappiamo bene chi li finanzia – non solo non raccontano la verità, ma la rovesciano: trasformano l’aggressore in vittima, ignorano i crimini più gravi e, se costretti a citarli, li edulcorano fino a renderli irriconoscibili.

Nel silenzio complice delle redazioni occidentali, l’Ucraina ha sferrato una serie di attacchi terroristici e provocazioni militari coordinate proprio alla vigilia dei negoziati di Istanbul del 2 giugno. Un’escalation sistematica, con il chiaro obiettivo di sabotare ogni ipotesi di tregua e prolungare un conflitto che serve solo agli interessi dell’intelligence anglo-tedesca e del complesso militare-industriale occidentale.


20 maggio 2025 – Il tentato attentato all’elicottero di Putin

Il primo colpo di questa offensiva “ibrida” è arrivato il 20 maggio, quando l’elicottero che trasportava Vladimir Putin durante un sopralluogo nella regione di Kursk è stato bersagliato da un attacco di droni. L’operazione, coperta da quasi tutti i media occidentali, è passata sotto silenzio nonostante rappresentasse un tentato assassinio di un capo di Stato – un atto gravissimo secondo ogni convenzione internazionale. Il messaggio era chiaro: l’Ucraina non cerca la pace, ma il caos.


27–31 maggio – L’infiltrazione e la preparazione dell’attacco alle basi aeree

Nel corso della settimana successiva, Kiev ha iniziato a posizionare infrastrutture mobili per attacchi aerei nei pressi di diverse basi strategiche russe. Camion “civili” camuffati, dotati di rampe interne, hanno trasportato droni FPV e altri dispositivi offensivi. Non esistono in Ucraina le capacità satellitari e di sorveglianza necessarie per colpire obiettivi così distanti e protetti: è evidente l’ausilio di intelligence satellitare NATO, probabilmente di provenienza tedesca e britannica.


1° giugno – Sabotaggi ferroviari e attacco ai bombardieri della Triade Nucleare

La giornata dell’1 giugno ha segnato un picco nell’aggressione ucraina. Due ponti ferroviari nelle regioni russe di Kursk e Bryansk sono crollati quasi simultaneamente, causando la morte di civili e il deragliamento di convogli merci e passeggeri. È un atto terroristico puro, contro infrastrutture civili, perpetrato con l’obiettivo di bloccare la logistica interna russa.

Nello stesso giorno è scattata una massiccia offensiva aerea su cinque basi russe, con il presunto danneggiamento di 41 bombardieri strategici, tra cui Tu-22M, Tu-95MS e Tu-160. Tuttavia, fonti indipendenti confermano la reale compromissione di 9 velivoli.

Questi aerei non sono semplici mezzi di bombardamento: fanno parte della Triade Nucleare russa, ovvero il sistema di deterrenza atomica basato su tre vettori: missili intercontinentali terrestri (ICBM), sottomarini lanciamissili (SSBN) e bombardieri strategici. Danneggiare la componente aerea di questa triade significa intaccare l’equilibrio del terrore che regge la pace mondiale dal secondo dopoguerra.

L’aver colpito questi velivoli, simboli e strumenti della risposta nucleare, non è solo una provocazione militare: è una scommessa suicida sull’escalation globale. Significa mettere le mani sul grilletto dell’apocalisse, nella folle illusione che Mosca non reagisca.


2 giugno – I negoziati di Istanbul

Alla luce di questa escalation, il 2 giugno si è tenuta a Istanbul una nuova tornata di colloqui tra delegazioni russe e ucraine. In un clima teso e completamente avvelenato dalle provocazioni dei giorni precedenti, la Russia ha proposto una tregua tecnica di 72 ore, respinta da Kiev che ha invece chiesto una sospensione totale del conflitto per almeno un mese. Il dialogo si è chiuso senza alcun progresso significativo. Era prevedibile: come si può parlare di pace con chi si prepara alla guerra mentre si siede al tavolo?


3 giugno – L’attacco russo su Sumy

Come risposta agli attentati e ai sabotaggi, la Russia ha colpito obiettivi militari e d’intelligence ucraini nella città di Sumy, centro strategico per la logistica e la comunicazione militare. Secondo fonti indipendenti, tra le strutture colpite vi erano installazioni gestite da addestratori stranieri, in particolare tedeschi, presenti ufficialmente “come consiglieri” ma in realtà operativi sul campo. L’operazione ha causato diversi morti, anche tra gli ucraini che proteggevano queste basi di comando integrate.


4 giugno – Il colpo su Kharkiv

Il giorno successivo, Kharkiv è stata teatro di un’altra operazione russa su larga scala, condotta con oltre 90 droni d’attacco. Gli obiettivi erano mirati: centri di coordinamento NATO, magazzini di armamenti occidentali e un’unità di trasmissione dati criptata usata per comunicazioni riservate tra Kiev e Berlino. L’Ucraina ha rivendicato l’abbattimento di 61 droni, ma secondo fonti locali almeno 12 installazioni strategiche sono state distrutte.


Conclusione: Kiev ha gettato la maschera

Non ci troviamo più di fronte a un conflitto classico, ma a una guerra globale mascherata. L’Ucraina agisce come braccio armato di potenze straniere, con licenza di colpire infrastrutture civili, sabotare ponti, tentare attentati a capi di Stato e scatenare operazioni provocatorie alla vigilia di ogni tentativo negoziale.

Il mondo occidentale, che si riempie la bocca di “diritti umani” e “ordine internazionale”, si gira dall’altra parte. E i media – dalla Repubblica a SkyTG24, dal Corriere della Sera alla CNN – recitano il copione con zelo da camerieri, vendendo illusioni e trasformando l’aggressione in “difesa”.

Il tempo della narrazione è finito. Resta solo la verità nuda e cruda: l’Ucraina non è la vittima. È l’arma.

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