Cinema

Midnight in Paris, film del 2011 di Woody Allen

“The past is not dead. It’s not even past”.

“Il passato non è morto. Non è nemmeno passato”.

Questa è una frase dello scrittore americano William Faulkner contenuta nel suo libro Requiem per una monaca, scritto nel 1955. È una frase che, oltre ad essere esplicitamente citata nel film di cui parleremo, è la frase con cui si può riassumere tutto il suo contenuto. E dalla quale si può trarre la sua magnifica morale, oltre ovviamente ad essere una frase incisiva e vera anche oggigiorno e persino nel futuro.

Midnight In Paris è un film del 2011, scritto e diretto da Woody Allen ed è una commedia romantico-fantastica. Ha una durata di 1 ora e 34 minuti. Il titolo fa riferimento fa ad un avvenimento che accade nel film per il quale alla mezzanotte di ogni giorno, il protagonista viene trasportato indietro nel tempo dalla Parigi del 2011 alla Parigi degli anni ’20. Curiosamente condivide il titolo di un album del 1962 di Duke Ellington, chiamato appunto Midnight In Paris.

Gil Pender (Owen Wilson) è uno sceneggiatore di Hollywood che si trova, insieme alla sua fidanzata Inez (Rachael McAdams) e ai suoi genitori, in vacanza a Parigi. Grande amante della letteratura, Gil cerca nella città l’ispirazione per ultimare il suo primo romanzo anche se è continuamente svilito da Inez e dai suoi genitori, i quali preferirebbero che si concentrasse maggiormente sulle sue sceneggiature ben pagate. Una sera, dopo aver bevuto, si ritrova a passeggiare in una Parigi notturna. Mentre è seduto sulla scalinata di una chiesa e l’orologio rintocca la mezzanotte. Vede avvicinarsi una macchina del 1920 che accosta accanto a lui e da cui uno dei passeggeri lo invita a salire; Gil, affascinato, accetta.

E così Gil finisce catapultato nella Parigi degli anni ’20, nella quale incontra diversi artisti e scrittori facenti parte della Lost Generation, tra i quali per qualcuno Gertrude Stein (Kathy Bates), Francis Scott Fitzgerald (Tom Hiddleston) e sua moglie Zelda (Alison Pill), Ernest Hemingway (Corey Stoll), Pablo Picasso (Marcial Di Fonzo Bo), Salvador Dalì (Adrien Brody) e molti altri. Gil è ritornato nell’epoca migliore in cui vivere secondo lui, ora festeggiando con Fitzgerald ora discutendo con Hemingway e ne è meravigliato. In fondo, è l’epoca in cui sarebbe sempre voluto esistere.

Qui, Gil si innamora di una donna, Adriana (Marion Cotillard), una modella allieva di Coco Chanel e amante di Picasso. E insieme passeggiano per Parigi accanto alla Senna e discutono della nostalgia per il passato, Gil per i Ruggenti Anni ’20 e Adriana per la Belle Époque.

Qui è contenuto il nucleo del film: la nostalgia per il passato. Quel potentissimo incantesimo che viene lanciato all’uomo per invocare un sentimento e un ricordo del suo passato o perfino di periodi storici conclusi, che ci inducono a credere al passato come un periodo felice: a chi non è mai capitato!

La domanda che tutti si pongono è: prima tutto andava meglio? La risposta, purtroppo, è no. Il passato non è né più bello del presente né tantomeno più brutto. Si fa l’errore di idealizzare troppo un periodo o un’epoca passata. Si rischia di considerarne solo i fatti positivi tralasciando quelli negativi, oltre a perdere il contatto con la realtà.

Ciò significa che provare nostalgia è sbagliato?

Certo che no, la nostalgia serve a noi uomini per garantirci un senso di identità. Ci dice chi siamo, da dove veniamo, che cosa ci facciamo qui e adesso, come siamo giunti qui. Cosa ancora più bella è un ponte fra due sentimenti tra loro opposti, ovvero la felicità e la tristezza. Bisogna però stare attenti a non farsi sopraffare né da una né dall’altra, altrimenti si ritorna alla questione principale.

La nostalgia deve servirci come esempio per renderci partecipi attivi all’interno del periodo storico in cui una persona vive in un determinato momento. Deve darle la carica per far si che possa esprimere alle generazioni future la testimonianza e l’importanza della sua epoca, in modo tale che essi siano ispirati a fare altrettanto quando arriverà la loro occasione e così via. Badate bene, e questo lo suggerisce anche in Midnight in Paris.

Ogni periodo storico vale la pena di essere vissuto, con i suoi pro e i suoi contro. Questo perché ogni epoca di per sé è imperfetta ma incantevole. Un sorriso di una persona che guarda prima a est, poi guarda in alto e infine posa il suo sguardo a ovest, sempre sorridendo. Non perché sia felice ma perché avendo preso forza e consapevolezza dal passato, è riuscito a dare il massimo e rendere soddisfacente la società in cui vive nel modo migliore possibile, donando ai posteri la volontà per fare la stessa cosa. In sintesi, bisogna rendere il proprio periodo l’epoca d’oro con i suoi lati buoni e brutti, le sue battaglie e i suoi artisti e i suoi intellettuali: dare valore e non svalorizzare.

E qui ritorna la frase di Faulkner citata all’inizio in Midnight In Paris: il passato non è mai morto perché continua a influenzarci. Non è mai nemmeno passato perché continua a ripetersi nella storia, attraverso azioni, comportamenti, idee ed eventi, trascendendo spazio e tempo.

Gil: “Adriana se tu resti qui e questo diventa il tuo presente, allora molto presto incomincerai ad immaginare che un’altra epoca sia davvero la tua… che sia davvero la tua epoca d’oro. Sì ecco! Ecco che cos’è il presente, è un po’ insoddisfacente perché la vita è un po’ insoddisfacente.”

Adriana: “Ecco il problema con gli scrittori: siete così pieni di parole. Ma io invece sono più emotiva e ho deciso di restare e vivere a Parigi nella sua più gloriosa epoca. Tu già una volta hai scelto di lasciare Parigi e te ne sei pentito.”

Gil: “Sì, me ne sono pentito, è stata una decisione sbagliata ma almeno avevo fatto una scelta. Voglio dire una vera scelta. In questo modo io credo che… credo che sia una follia, non può funzionare: semmai volessi scrivere qualcosa di valido, dovrei liberarmi delle mie illusioni e l’idea che potrei essere più felice nel passato è probabilmente una di esse.”