Uccisi per aver sfidato il denaro
leader caduti contro il dominio delle banche
Nel corso della storia contemporanea, c’è un filo rosso che lega alcuni tra i più visionari e coraggiosi leader politici del mondo: l’ambizione di liberare i propri Paesi — e talvolta interi continenti — dal giogo del sistema finanziario internazionale dominato dal dollaro, dalla speculazione e dalle élite bancarie transnazionali.
Un filo rosso, sì. Ma intriso di sangue.
Perché molti di questi leader non sono morti serenamente nel loro letto. Sono stati assassinati, abbattuti con una ferocia sproporzionata, o colpiti da misteriose malattie fulminanti. Ufficialmente per motivi politici, militari o ideologici. Ma spesso, dietro quelle spiegazioni di comodo, si celano ben altre verità.
John F. Kennedy: la sfida alla Federal Reserve
Il presidente più iconico del XX secolo non fu soltanto un simbolo della rinascita americana postbellica. John Fitzgerald Kennedy osò toccare il cuore pulsante del potere economico americano: il sistema di emissione monetaria.
Con l’Ordine Esecutivo 11110, firmato il 4 giugno 1963, Kennedy delegava al Tesoro degli Stati Uniti la possibilità di emettere certificati d’argento — di fatto aggirando il monopolio della Federal Reserve, una banca privata travestita da istituzione nazionale. Una mossa che, secondo diversi analisti indipendenti, rappresentava una minaccia diretta agli interessi dell’élite finanziaria.
Meno di sei mesi dopo, il 22 novembre 1963, JFK veniva brutalmente assassinato a Dallas. Il colpevole ufficiale? Lee Harvey Oswald. Ma le falle nella ricostruzione ufficiale hanno generato un’onda interminabile di dubbi. Tra questi, uno ricorrente: fu ucciso per la sua sfida monetaria al sistema?
Muammar Gheddafi: il dinaro d’oro che faceva tremare l’Occidente
Il leader libico fu spesso dipinto come un despota eccentrico. Ma dietro la caricatura mediatica si celava un progetto che avrebbe potuto riscrivere la geopolitica africana: il dinaro d’oro pan-africano.
Gheddafi voleva che l’Africa commerciasse petrolio e risorse naturali in oro, e non più in dollari o euro. Una sfida titanica al sistema del petrodollaro, che avrebbe potuto sottrarre all’Occidente il controllo sull’economia del continente.
Nel 2011, la Libia venne bombardata dalla NATO con la scusa dei diritti umani. Il risultato? Un Paese distrutto, un leader torturato e ucciso in diretta mondiale, e il suo sogno monetario cancellato per sempre.
Thomas Sankara: il “Che Guevara africano” contro il franco coloniale
Thomas Sankara, presidente del Burkina Faso dal 1983 al 1987, incarnava l’ideale della vera decolonizzazione economica. Si oppose fermamente al franco CFA, la moneta africana controllata dalla Francia, e progettò un sistema economico autosufficiente, basato su una moneta nazionale indipendente e una politica anti-debito.
Sankara fu assassinato durante un colpo di Stato orchestrato dal suo ex amico e successore, Blaise Compaoré, con la complicità — mai ufficialmente ammessa — dei servizi francesi e occidentali.
Un rivoluzionario vero, ucciso per aver messo in discussione il controllo monetario post-coloniale.
Hugo Chávez: il Sucre e il sospetto veleno
Il carismatico leader venezuelano Hugo Chávez aveva un obiettivo chiaro: sottrarre il Sud America all’egemonia del dollaro. Con l’ALBA e il progetto del Sucre, una valuta regionale alternativa, promosse il commercio tra Stati latinoamericani fuori dal circuito USA.
Morì di cancro nel 2013, ma le circostanze della sua malattia restano nebulose. I suoi collaboratori sospettarono un avvelenamento indotto. “Hanno trovato il modo di colpirlo senza sparare un colpo”, dichiarò Nicolás Maduro. Forse la sua colpa era stata quella di sognare un’America Latina sovrana, anche nella moneta.
Ngô Đình Diệm: indipendenza monetaria e morte in Vietnam
Presidente del Vietnam del Sud dal 1955 al 1963, Ngô Đình Diệm perseguì una politica economica autonoma, limitando gli aiuti esteri e proponendo la creazione di una banca centrale nazionale indipendente.
Il 2 novembre 1963, pochi giorni prima di Kennedy, fu deposto e assassinato in un colpo di Stato. Anche nel suo caso, le forze straniere avevano iniziato a guardarlo con crescente ostilità. L’autonomia, ancora una volta, si pagava cara.
Aldo Moro: la minaccia della Terza Via e l’eurocrazia nascente
Chi pensa che queste dinamiche appartengano solo ai paesi del Sud del mondo si sbaglia. Anche in Italia, nel cuore dell’Europa, un uomo pagò con la vita la sua volontà di negoziare un equilibrio tra poteri forti, democrazia e sovranità nazionale.
Aldo Moro, statista democristiano e promotore del “compromesso storico”, stava lavorando non solo a un accordo politico tra DC e PCI, ma anche a una visione di Italia non allineata, capace di mantenere un’autonomia culturale ed economica rispetto al blocco atlantico e alle direttive sovranazionali.
Fu rapito e assassinato dalle Brigate Rosse nel 1978, ma molti sospettano il coinvolgimento di strutture parallele e servizi deviati, forse disturbati dalla possibilità che l’Italia potesse diventare troppo autonoma, anche sul piano economico e monetario.
Una lezione che si ripete: sfidare il sistema si paga
Da Kennedy a Gheddafi, da Sankara a Moro, la storia ci consegna un messaggio inquietante: chi tocca il denaro muore. Soprattutto se prova a rimetterne in discussione il monopolio o a costruire sistemi alternativi fuori dal controllo delle grandi centrali finanziarie.
E mentre le narrazioni ufficiali continuano a ripetere le stesse versioni rassicuranti, le coincidenze storiche si sommano. Non per alimentare un facile complottismo, ma per suggerire una domanda scomoda: esiste davvero libertà politica senza libertà monetaria?
“Il denaro è lo sterzo del potere. Chi lo tiene in mano, guida la direzione della storia.”
Nota: Le informazioni presentate si basano su fonti storiche e analisi disponibili. .
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