Intervista Fabio Tameni: Senior Project Account dei brand
Intervista Fabio Tameni: Senior Project Account dei brand
Fabio, la tua carriera è iniziata sul palcoscenico. In che modo il teatro e il cinema ti hanno formato come professionista della comunicazione?
Il mio percorso nella recitazione e quello nella comunicazione sono nati in modo spontaneo, come una vocazione interiore da coltivare. Fin da bambino, grazie ai miei nonni – parte del mondo teatrale – passavo intere giornate dietro le quinte, osservando la creazione dei personaggi, la tensione prima del sipario e l’emozione in ogni battuta. A cinque anni stavo già imparando il linguaggio delle emozioni, della narrazione e del coinvolgimento del pubblico. Dal teatro ho appreso che recitare non significa solo interpretare un ruolo, ma anche saper ascoltare, leggere i contesti, modulare la voce e curare la presenza scenica. Competenze decisive anche nella comunicazione di eventi e brand: empatia, ascolto e storytelling sono strumenti che uso quotidianamente, proprio come sul palcoscenico.
Hai studiato alla prestigiosa Guildhall School of Music and Drama di Londra. Cosa ti ha lasciato quell’esperienza, anche a livello umano?
L’aspetto più significativo è stato il contatto con i miei compagni di corso, provenienti da tutti i continenti. Con loro ho imparato a conoscere culture diverse, ascoltare punti di vista lontani e rispettare abitudini diverse. Condividere pensieri, sogni e paure con chi aveva esperienze così differenti mi ha arricchito profondamente. Inoltre, la disciplina inglese – rigorosa, strutturata, con la necessità di arrangiarsi – mi ha insegnato a essere indipendente, responsabile e preciso, fornendomi strumenti utili nel lavoro e nella vita.
Collaborare con grandi nomi del teatro italiano come Filippo Timi e Luca Micheletti: che ricordi hai di quei momenti?
Lavorare con Filippo e Luca è stato un viaggio intenso e trasformativo. Filippo mi ha coinvolto in modo viscerale, costringendomi ad abbattere ogni barriera e ad affrontare il drago dentro di me. Ricordo il primo giorno: mi fece recitare un monologo di Riccardo III con un applicatore tra i denti, tra ombrelli azzurri e luci soffuse — un’esperienza surreale che mi ha proiettato in un nuovo mondo. Con Luca il percorso è stato più graduale ma altrettanto profondo. Entrai come sostituto in “I Promessi Sposi” e già nel camerino compresi che avevo molto da imparare. Dopo otto ore di conversazione davanti a un bicchiere di vino, sono nati rispetto e amicizia: con lui ho condiviso ricerca, teatro autentico, sfide artistiche che mi hanno cambiato nel profondo. Entrambi mi hanno insegnato che l’arte non è finzione, ma verità da toccare e incarnare.
Hai sentito nascere una passione per la comunicazione? Cosa ti ha spinto in questa direzione?
Il passaggio alla comunicazione è stato naturale. Da regista teatrale mi chiesi: perché non utilizzare la scrittura narrativa nello sviluppo di comunicati stampa? Scrivere un comunicato è, a tutti gli effetti, costruire una scena, trovare parole in grado di emozionare, informare e coinvolgere. È lì che è iniziata la mia carriera in comunicazione: ho unito le competenze acquisite al teatro a una rete di contatti – artisti, influencer, giornalisti – utile a dare voce a progetti, brand, eventi.
Com’è stato passare da attore a PR Specialist? È stata una transizione naturale o ricca di ostacoli?
È stata sorprendentemente naturale, grazie al mio spirito di adattamento e alla passione per questo mondo. Certo, gli ostacoli non sono mancati: passare da un ambito che conoscevo a uno nuovo ha richiesto pazienza, umiltà e voglia di imparare dai miei errori. Ho osservato, fatto domande, aggiustato il tiro giorno dopo giorno. La fortuna è stata incontrare persone che hanno creduto in me, ma la vera forza è arrivata dalla determinazione. Ogni difficoltà si è trasformata in sfida, superata con entusiasmo e lucidità, fino a costruire una nuova casa professionale.
Oggi sei Senior Project Account con importanti campagne all’attivo. Qual è stata la più sfidante da gestire finora?
Ogni progetto, grande o piccolo, richiede strategia, attenzione e dedizione. Per me, ogni incarico è un muro da scalare con curiosità e passione. Tra tutti, la campagna più complessa ha riguardato il lancio di un prodotto per un brand beverage. Abbiamo ideato una web serie per raccontare storie autentiche legate alle origini del brand, una barca per la raccolta dei rifiuti nel Mediterraneo, e la riqualificazione di un giardino urbano come spazio della community. Il tutto si è concluso con un evento con oltre 500 invitati tra stampa, influencer e fan. Ogni tappa – dalla sfilata in spiaggia all’evento in un museo a Milano, fino alla campagna su empowerment e diritti LGBTQ+ – ha rappresentato una sfida artistica e comunicativa, contribuendo a costruire il mio percorso professionale.
Cosa distingue, secondo te, una buona strategia di PR da una eccellente?
Una buona strategia risponde al brief, è affidabile e ordinata. Una eccellente invece sorprende: eleva l’obiettivo, aggiunge valore, interpreta trend emergenti, crea conversazione. Non basta rispettare il brief, bisogna osare con creatività, cultura e sensibilità per costruire un immaginario forte e identitario. Parlare non solo di prodotto, ma di messaggio, emozione e visione: è questa la differenza tra visibilità e valore reale.
Hai collaborato con brand iconici come Levi’s, Guess e Gin Mare: come si costruisce una brand identity che parli davvero al pubblico?
Anche i brand più consolidati devono evolversi per restare rilevanti. Il compito è reinterpretare il loro DNA in modo contemporaneo, parlando sia ai clienti storici che ai nuovi target. Non si tratta di stravolgere, ma di arricchire l’identità esistente attraverso tone of voice, estetica, collaborazioni e attivazioni originali. Costruire una brand identity efficace significa ascoltare, osservare, scegliere cosa dire, come dirlo e con chi collaborare. L’equilibrio tra fedeltà e innovazione rappresenta la sfida più affascinante della comunicazione oggi.
Quanto conta, oggi, la gestione della reputazione per un brand o un personaggio pubblico?
La reputazione è un patrimonio costruito con coerenza, sincerità e responsabilità. In un’era in cui ogni gesto può essere amplificato in tempo reale, non c’è spazio per l’improvvisazione. Serve una strategia solida che guidi il messaggio nel tempo. Tutto parte dalla definizione di obiettivi e modalità: solo così si può costruire una narrazione autentica. Una brand identity non si indossa all’occorrenza, ma si custodisce, e il pubblico moderno riconosce immediatamente le visioni consapevoli da quelle costruite a tavolino. Quindi serve chiarezza, pensiero sostenibile e capacità di resistere alle crisi per generare un legame reale.
Quali soft skills ritieni decisive nel tuo lavoro quotidiano?
Nel mio lavoro, le soft skills hanno lo stesso peso – se non di più – delle competenze tecniche. La capacità di creare relazioni autentiche è fondamentale: comunicare significa stabilire un contatto umano, ascoltare, interpretare silenzi e bisogni. Ogni strategia, evento o contenuto efficace nasce da un equilibrio tra intenzione e percezione. La sensibilità umana diventa uno strumento professionale: mettere al centro le persone, i brand, i valori e il dialogo è ciò che fa davvero la differenza.
Sei anche attivo nella formazione. Come trasmetti ai giovani l’importanza della comunicazione efficace?
Per me, fare formazione non significa salire in cattedra, ma creare un dialogo autentico con chi ha curiosità e motivazione. Racconto la mia esperienza in modo sincero, senza filtri, portando esempi reali tra successi e difficoltà. Voglio mostrare una comunicazione che va oltre l’apparenza, che nasce da contenuti con senso, connessioni autentiche, ascolto e responsabilità. È importante accendere la curiosità e trasmettere una visione basata su etica, empatia e la capacità di raccontare una visione coerente e veritiera.
Guardando al futuro, che nuovi orizzonti professionali ti piacerebbe esplorare?
Non penso al futuro in termini rigidi: vivo il presente con passione e dedizione, costruendo giorno per giorno. Sono estremamente curioso e ho bisogno di evolvermi continuamente. Ogni esperienza è un’opportunità di crescita e le cose più importanti – forse – arrivano quando meno le cerchi. Per questo tengo occhi e mente aperti: magari domani nascerà una nuova passione, un’idea inedita, o l’opportunità di esplorare qualcosa che oggi non immagino. Ed è proprio questo che mi entusiasma.
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