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Intervista: Danilo Lucirino (aka ixioner82) e lo streaming con l’AI

Intervista: Danilo Lucirino (aka ixioner82) e lo streaming con l’AI

Come sei passato dal mondo IT tradizionale al mondo del content creation e dello streaming?

In realtà non l’ho mai davvero “lasciato”. Vengo dall’IT, sono uno sviluppatore full stack, e porto quel mindset anche nel mondo dello streaming. Quando ho iniziato a streammare, non mi bastava semplicemente “andare live”: volevo capire, migliorare, ottimizzare. Così il passaggio è stato naturale. Ho iniziato a creare tool per me stesso… poi ho capito che potevano servire anche ad altri.

Cosa ti ha spinto a fondare GoToStreamers e GoTournament?

GoToStreamers è nato prima di tutto dalla mia passione per l’informatica. La mia curiosità, unita alla creatività, mi ha spinto a creare qualcosa di nuovo: strumenti e integrazioni con Twitch che all’epoca non si vedevano da nessuna parte. Volevo sperimentare, innovare… e oggi quella spinta si è evoluta anche con l’intelligenza artificiale.

Ma c’era anche una motivazione più concreta: vedevo troppi streamer pieni di talento ma senza visibilità o supporto. GoToStreamers è diventato la risposta a quel bisogno.

GoTournament invece è nato per un’esigenza precisa: organizzare tornei senza impazzire tra Excel, fogli volanti o bot raffazzonati. L’ho pensato da sviluppatore ma costruito per la community.

Qual è stato il momento di svolta che ti ha fatto dire: “ok, ora questa cosa può diventare grande”?

Ci sono stati due momenti chiave. Il primo è stato quando ho visto alcune associazioni esports internazionali iniziare a usare GoTournament per eventi ufficiali. A quel punto ho capito che non era più un progetto “per me”, ma qualcosa che altri consideravano uno standard.

Il secondo è arrivato poco dopo, quando un’associazione esport araba ha voluto testare la piattaforma per un torneo. Da lì siamo finiti in una call dove mi è stata proposta una collaborazione esclusiva per il Medio Oriente, sia per l’utilizzo che per la rivendita del sistema. Oggi abbiamo un contratto attivo: c’è una base economica fissa e anche delle provvigioni sulle vendite che loro effettuano.

È stato lì che ho capito: questa cosa va presa sul serio, non è più solo una passione.

Qual è l’intervista che ti ha colpito di più e perché?

Senza dubbio quella con Moonryde. Ma non solo per quello che ha detto — è stato toccante sentirlo raccontare i sacrifici e la fatica dietro al successo — ma anche per quello che ha rappresentato per me.

Moonryde è stato il motivo per cui ho iniziato a fare interviste. All’inizio non ero nessuno, ma dissi a me stesso: “Un giorno intervisterò lui”.

Prima di proporsi a certi nomi, però, bisogna fare gavetta, costruire credibilità, sudare ogni passo. E così è stato: Moonryde è arrivato come 33° ospite, dopo una lunga serie di incontri con content creator già noti e con belle storie da raccontare.

Oggi posso dire di aver avuto con me nomi come S7ormy, Infernal Beatbox, Matteohs, iBob, Pesh… e la lista è lunga.

Con il tempo ho imparato anche a fare selezione: ho detto di no anche a uno streamer molto grosso, semplicemente perché non lo ritenevo interessante. Per me conta la storia, non solo i numeri.

Che differenze noti tra content creators emergenti e quelli già affermati come Moonryde o Matteohs?

I top creators hanno un mindset imprenditoriale. Trattano il proprio brand come un’azienda. Forse Matteohs non è l’esempio più lampante però, lui è molto diretto, spontaneo, forse troppo in certi casi, ma è proprio quello il suo merito.

Gli emergenti spesso si concentrano solo sul contenuto, senza pensare a community, dati, crescita. Il talento serve, ma è la strategia che ti fa restare nel tempo.

Qual è l’errore più comune che fanno gli streamer agli inizi?

Voler copiare chi ce l’ha fatta, senza capirne il motivo. Usano gli stessi overlay, titoli simili, perfino le stesse frasi, ma senza una vera identità. Il pubblico oggi cerca autenticità, non l’ennesima copia sbiadita di un format che funziona.

Un altro errore è improvvisare senza uno schema. L’improvvisazione può funzionare solo se hai un carisma fuori dal comune… ma per tutti gli altri (me incluso) serve struttura. Le live devono essere pensate, pianificate, rese interessanti anche per chi arriva per caso.

E poi c’è un aspetto che molti ignorano: l’analisi. Vanno live a caso, senza capire cosa ha funzionato, cosa no, né perché. E così restano fermi.

Costanza, identità, struttura e analisi: senza queste quattro cose, è difficile crescere davvero.

In che modo l’intelligenza artificiale può aiutare concretamente uno streamer oggi?

Può fare la differenza nel montaggio, nella gestione della community, nella creazione di contenuti extra. Io la uso per definire come si deve gli script per i reel, storytelling, caption, immagini, video… e con IxioBot, anche per rispondere in live, leggere feed di notizie o interagire col pubblico. Sono cose che ti aiutano molto nella gestione del tempo.

Quali strumenti tech consigli per rendere uno stream più professionale senza spendere troppo?

OBS ben configurato, un buon microfono (anche entry level, purché non lo si tenga troppo distante dalla bocca se l’ambiente produce eco), una luce decente, e magari un vecchio tablet o smartphone che non usiamo con GoiXioLr come soundboard, gratis su www.gotostreamers.com ahahah.

Poi una smart plug con LumiaStream per gestire luci o effetti. Spendi meno di 100€ e fai già un salto enorme di qualità.

Hai sviluppato o stai lavorando a qualche tool proprietario per il mondo dello streaming?

Sì, diversi. IxioBot è il mio chatbot intelligente, già attivo su molte live. Poi c’è GoiXioLr, una soundboard virtuale personalizzabile da browser. Poi il gaminghub che permette di portare giochi in live interattivi senza richiedere agli utenti di fare alcuna installazione o di aprire browser.

Attualmente sto lavorando sul GoToMarket, uno spazio gratuito nel quale chiunque può mettere in vendita attrezzature per lo streaming. Un mercatino dell’usato in sostanza!

Is It Possible ha avuto grande successo a livello locale. Quanto conta conoscere il proprio pubblico?

È fondamentale. Se parli la lingua del tuo pubblico – e non intendo solo l’italiano – ma proprio i loro codici, i loro riferimenti, entri in sintonia. “Is It Possible” è diventato un meme perché sapeva dove colpire. Se non sai chi hai davanti, è impossibile creare contenuti efficaci.

Com’è cambiato il tuo modo di comunicare passando da contenuti locali a contenuti più tech e globali?

Ho imparato a essere più universale, ma senza perdere il mio stile. Ho lasciato certi riferimenti troppo locali, ma ho tenuto l’ironia, la spontaneità. La differenza è che ora parlo a chiunque voglia crescere nel digitale, non solo a chi conosce le panchine di Piazza Kennedy.

Dove vedi GoToStreamers e GoTournament nei prossimi 2-3 anni?

GoToStreamers sarà la casa degli streamer indipendenti: corsi, strumenti, collaborazioni e analisi. Un hub completo.

GoTournament invece punterà sempre più sugli eventi automatizzati, con moduli per tornei locali, nazionali e internazionali, completamente self-service. Diciamo che entrambi stanno andando nella giusta direzione.

Se dovessi dare un solo consiglio a un giovane che vuole iniziare a streammare oggi, quale sarebbe?

Non perdere tempo a cercare “il format perfetto”. Inizia. Fallo. Sbaglia. Riguarda sempre i tuoi vod, chiediti sempre: “Mi piace quello che sto vedendo?”. Correggi. Solo facendo puoi capire cosa ti rende davvero unico. E ricordati: non serve avere mille spettatori, serve avere cinque persone che non vedono l’ora di rivederti.

Intervista: Danilo Lucirino (aka ixioner82) e lo streaming con l’AI
Redazione The Digital Moon

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