Psicologia

Le Donne e la loro continua voglia di libertà

La forza delle donne la si riconosce in diversi aspetti della vita. Basti guardare una mamma che cresce amorevolmente i propri figli, senza mai chiedere aiuto e senza mai sentirsi stanca. O una donna che si ribella davanti alle botte di un compagno violento, o, semplicemente, una che riesce a cambiare la sua vita, perché non più soddisfatta o perché troppo tossica.

Come insegna la storia, le donne hanno iniziato a far sentire la loro voce già dalla notte dei tempi. Nell’Ottocento, infatti, ebbe inizio il femminismo, un movimento politico complesso ed eterogeneo che rivendicava pari diritti tra uomini e donne. Da quel momento e nei secoli a seguire, ovviamente il fenomeno di rivoluzione non si è arrestato, finchè non si è arrivati, nel Novecento, alle famose suffragette. Si era già cercato di fare proselitismo ed estendere il diritto al voto alle donne, ma il primo vero cambiamento in merito si ebbe nel 1918, quando il Parlamento inglese permise il voto alle donne benestanti e nel 1928 a tutte le altre. Da lì, piano piano, il diritto al voto si estese a macchia d’olio, su tutto il territorio europeo.

Avvicinandoci ai giorni nostri, tante sono state le donne che hanno saputo dare un’impronta di anticonformismo alla nostra società. Cantanti del calibro di Mia Martini o Fiorella Mannoia, ad esempio, le quali, attraverso la loro indiscutibile arte, hanno trattato argomenti come la violenza o parlando, semplicemente, del loro essere “donne”, del rispetto che meritano e della dignità che le contraddistingue.

È di questo che abbiamo bisogno. Di messaggi, di sentirci capite, comprese e che qualcuno più “forte” di noi ci sappia indicare la strada giusta o ci accompagni per mano durante il nostro percorso di crescita personale, senza farci sentire sole.

Libera di parlare, libera di cercare

di fare e di disfare, di esser soltanto me.

Libera di capire, libera di sentire,

realizzare un fine e di sbagliare da me

so bene quel che voglio, quello che non voglio”

(da “Libera” di Mia Martini)

Così cantava Mia Martini, nel 1977, in “Libera”. Lei stessa è una di quelle donne raccontante nelle sue canzoni. Una di quelle donne abusate da piccoline, vittima di uomini vigliacchi, che non hanno saputo valorizzarla come DONNA e come PERSONA, benché meno come ARTISTA. Ha sperato, tramite la sua musica, di diffondere chiari messaggi sul rispetto delle donne e della loro dignità, come DONNE e come PERSONE, appunto.

Mia Martini era una donna SCOMODA perché considerata DIVERSA. Lei, anticonformista per eccellenza, ribelle, dal carattere impossibile, dal passato complicato, fatto di abusi da parte del padre padrone, il tunnel della droga, il carcere. La Martini era fuori dal modello imposto dalla società del tempo. Lei, quella DONNA così attuale. Nelle sue canzoni parla di donne violentate, di aborto, di uomini piccoli piccoli. Si può ben capire che non erano temi molto comuni. In quel tempo, anzi si tendevano a nascondere le botte, si reprimeva quel carattere ribelle, perché considerato SBAGLIATO, ci si indignava di quell’abbigliamento fuori moda.

Ed oggi?

È risaputo come la nostra società sia maschilista ed alquanto chiusa sotto certi aspetti. Io stessa sono una donna, forte, indipendente, mediamente intelligente, con le sue esperienze, positive e negative. E non vi nascondo la mia difficoltà nell’integrarmi, nel far sentire la mia voce, nell’aiutare chi vorrebbe “risorgere”. Proprio come la Fenice, che riesce a risorgere dalle ceneri del suo predecessore. Una volta ferite, distrutte, riusciamo a risollevarci e rinascere più forti di prima, ma con una nuova consapevolezza. La consapevolezza di ciò che siamo e che riusciamo a fare!

E perché la nostra capacità di fare squadra dove la mettiamo?

Come dimenticare cosa ha suscitato, nel mondo, la morte di Masha Amini. Masha aveva solo 22 anni, era iraniana ed è deceduta il 16 settembre di quest’anno, dopo l’arresto da parte della polizia morale. È morta dopo tre giorni di agonia, in ospedale, dopo esser stata fermata dal reparto speciale della polizia, dedita al rispetto dei costumi provati dei cittadini. Masha è stata fermata e picchiata selvaggiamente. La sua “colpa”? Indossava il copricapo iraniano, l’hijab appunto, in modo “inappropriato”, lasciando scoperta una ciocca di capelli. Da quel giorno, le donne iraniane hanno deciso di scendere in piazza per protestare, tagliandosi una ciocca di capelli e bruciando il velo. La loro richiesta? La libertà di scelta e la rivendicazione dei propri diritti.

Nel resto del mondo, non è stato diverso. Migliaia di donne hanno imitato il gesto del taglio della ciocca dei capelli, in piazza, sui social, ecc…, a sostegno delle donne iraniane. Un gesto che ha unito, che ha fatto sentire che non sono sole.

Questo in risposta chi, ancora oggi, tende a nascondere le violenze del padre o del marito padrone, perchè non accetta il carattere “diverso”, o “troppo occidentale” o l’abbigliamento “alla moda”. O, semplicemente, non vogliono che la propria figlia o compagna di vita non abbia contatti esterni, li stessi che potrebbero aiutarla a guardare con altri occhi la sua realtà e, magari, farle capire che esiste “altro”, di più GIUSTO e RISPETTOSO.

È come se, secoli di lotte femministe, ci abbiano messo nella posizione di essere in debito con qualcuno o con qualcosa. Come se quella concessione data sia un modo per spingerci a comportarci bene, secondo determinati stereotipi. La bellezza è riconducibile ad un corpo magro, senza curve, visi super truccati, concezione della donna che cede a lusinghe ed a compromessi per poter lavorare. Donne offese ed umiliate sotto il punto di vista sessuale, perché solo così possono arrivare ad avere qualcosa. Donne considerate “stupide”. Nonostante le tre lauree, la carriera, il continuo studio, aggiornamenti, ecc…, sarai sempre l’ultima ruota del carro, la “stupidotta” di turno che deve solo assecondare i bisogni ed i comandi di un datore di lavoro, uomo e che sa sempre più di te.

Donne che vengono viste dietro un asse da stiro, a cucinare, a fare lavatrici, a crescere i figli. Non realizzate, spesso stressate, trascurate, dedite alla famiglia, “serva” del marito. Donne considerate semplicemente SCHIAVE di una società maschilista e piena di pregiudizi.

Ma quanto “dura” questa condizione di SCHIAVA?

Questo dipende tutto da noi!

La nostra forza sta anche nel combattere questi dettami imposti dalla società che viviamo. Quanto più ci vogliono “serve”, tanto più dobbiamo ribellarci.

Siamo nate libere, libere nello scegliere la vita da condurre, di avere le nostre idee, di creare il nostro lavoro dei sogni, di circondarci delle persone che vogliamo. Nessuno ha il diritto di limitare tutto ciò!

Siamo tutte delle Fenici ed abbiamo il dovere morale di “risorgere” dalle lotte delle nostre antenate, coloro le quali sono anche morte per permetterci di essere LIBERE e GUERRIERE.

E tu cosa stai aspettando?