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La voce di Chiara, quelle parole che non abbiamo il coraggio di dire

Era l’una di notte quando Sanremo dà voce ad un’altra Chiara, la Francini.

Era l’una quando hanno voluto dare spazio al suo monologo, lo stesso affronta il problema che attanaglia tante donne. Il loro NON essere mamme!

Perché è un problema?

Perché la società non lo accetta, non accetta il fatto che una donna non diventi anche una mamma.

Lei analizza molto bene quella sensazione profonda che senti quando qualche tua amica ti confida che è incinta. Quel momento in cui sei in lotta con te stessa, che non sai come comportarti, per non passare dall’insensibile o, peggio, dall’invidiosa della situazione. Non sanno come tu stia in quel preciso momento, quando loro vivono la loro contentezza e tu sei lì a dover combattere con il tuo tormento.

Non sanno mica cosa passa per la tua mente.

“Quando qualcuna ti dice che è incinta e tu non lo sei mai stata non sai mai che faccia fare. Quando qualcuna ti dice che è incinta e tu non lo sei mai stata c’è come qualcosa che ti esplode dentro. Un buco che ti si apre, in mezzo agli organi vitali, una specie di paura, stordimento, e, mentre accade tutto questo, tu devi festeggiare, perché la gente incinta è violenta e vuole solo essere festeggiata. E non c’è spazio per il tuo dolore, per la tua solitudine. Tu devi festeggiare”.

(dal monologo di Chiara Francini)

La gente incinta è violenta e vuole solo essere festeggiata.

Che triste verità!

È la loro occasione, vero, e nessuno gliela toglie. Ma quante hanno davvero la sensibilità di poter capire cosa tu stia passando in quel momento, cosa possa passare nel cuore di una mamma che non sarà mai una mamma. Nessuna! Arrivano lì, come una tempesta a ciel sereno e ti travolgono, con una violenza immane. Come dice Chiara, non c’è spazio per il tuo dolore, per la tua solitudine. Ci sono loro e basta e tu devi festeggiare!

Chiara l’abbiamo sempre vista in altri ruoli, quella di comica, ad esempio. Ha sempre sostenuto di essere simpatica, invece che sexy. E come la capisco quando dice così!

L’ultima sera del Festival di Sanremo, però, l’abbiamo scoperta in altre vesti, pungente al punto giusto, trattando quell’argomento che tutte le “donne non mamme” sentono, ma non hanno il coraggio di dire.

Ad un certo punto, si è rivolta al figlio mai nato.

La parte più difficile di fare un figlio è immaginarlo. Immaginarsi come sarà. E se non mi sta simpatico? E se poi non condivido niente di quello che fa nella sua vita? E se viene troppo diverso da me? Nel mio caso certo che verrà diverso da me! Ma come faccio con te, bambino? Ancora non ti conosco, ancora non so nemmeno se nasci, se ci riesco a farti nascere, che già non ci capiamo. Se sarai maschio io so e, quasi spero, che sarai gay e t’amerò così tanto. Però forse preferirei non lo fossi, perché sarà più difficile e io vorrei che per te fosse facile”.

(dal monologo di Chiara Francini)

La paura. Anche in questo caso, esce fuori la paura, quel sentimento che ci accompagna, ci difende e lo farà per tutta la nostra vita. Non sa ancora come suo figlio possa essere fatto, ma subentrano tanti pensieri, nella mente di quella “mamma che non è ancora mamma”. E se dovesse nascere gay? Sa già che lo amerà alla follia, ma spera che non fosse gay perchè sarà difficile per lui e lei non vuole che il figlio affronti dinamiche difficili.

Chiara dà voce benissimo a questi pensieri.

Sono gli stessi che accompagnano una donna che non è ancora mamma, e forse mai lo sarà, durante tutta la sua vita. Quella paura che attanaglia tantissime altre donne e Chiara ha voluto proprio dare voce a loro. Quelle donne che hanno scelto di non essere mamme o che, magari, non sono riuscite a diventarlo, perchè semplicemente pensavano che ci fosse ancora tempo.

La paura del giudizio. Quella paura, forse la peggiore, per una donna LIBERA.

Le due Chiare, a Sanremo, si sono fatte portavoce di tutte le donne LIBERE, ma impaurite del giudizio altrui. E di questo dobbiamo dar loro atto. Hanno usato la loro visibilità, per dare voce alle donne “invisibili”.

Per favore vienimi su brillante, con la battuta pronta. Odia, odia, odia ciò che si deve odiare, il male, l’ingiustizia, perché è con quell’odio che si fa tutto. Non è vero che si fa con l’amore. Sì, con l’amore si fanno delle cose, ma il grosso si fa con quell’odio lì. Profondo, viscerale, instancabile. Non essere, ti prego, una di quelle creature indifese, troppo buone. Perché poi dovrei cercare di difenderti tutto il tempo. E c’è il rischio che tu venga su meno capace di guardare, di camminare. Io vorrei fare come mia madre che non mi ha mai preso nel suo lettone. Piangerai nel tuo letto. Spero di avere la forza di lasciarti piangere. Non devo essere debole”.

(dal monologo di Chiara Francini)

L’odio.

Quel sentimento contrario all’amore.

Siamo stati abituati all’amore, ma non all’odio. Ce l’hanno sempre fatto odiare, sempre allontanare perchè “l’odio è cosa brutta”. Ma quanto è brutto l’amore non corrisposto? Quanto diventa violento un amore tossico? Perchè non insegnarci anche a vivere l’odio? L’odio, come la rabbia, è un sentimento e va vissuto nella sua interezza. Ci aiuta a difenderci da chi non prova amore nei nostri confronti, da chi ci odia a tal punto da invidiarci. L’odio ci tutela da tutto ciò che risulta essere negativo.

Vivere i sentimenti significa essere onesti con sé stessi, capire cosa si vuole e cosa non si vuole. E, questo, è utile per mettere quei paletti con gli altri, farci rispettare per quello che siamo e non farci usare a loro piacimento.

Chiara ha scardinato i tabù, parlando di un qualcosa che ci hanno insegnato a respingere. Come se odiare fosse peccato, un male incurabile. Senza pensare che, forse, grazie all’odio, avremmo potuto evitarci tanto dolore!

Io da qualche parte penso di essere una donna di merda perché non so cucinare non mi sono sposata e non ho mai avuto figli. Sono sbagliata bambino, mi porterai via tutta la luce e io sarò solo una semplice comparsa. Ma io ti aspetto e ti desidero così tanto che sarai per forza una delusione. Ma che madre sono? Non sono una madre, intanto… Da dove mi viene tutto questo? Quanto mi è costato diventare come sono? Quanto costerà a te? E in mezzo a tutto questo bisogno di arrivare, in mezzo a tutta questa rabbia, a questo amore, io, ora, non so dove metterti. O, forse, sei proprio tu che non vuoi venire da me, perché credi che io mi sia dimenticata di te, che io mi sia dimenticata della vita. Ma io volevo solo essere brava, io volevo solo essere preparata, io volevo che tu fossi fiero di me. Anche se ancora non ci sei. Forse, perché ci sei sempre stato”.

(dal monologo di Chiara Francini)

Siamo delle donne di merda, sì!

Perché abbiamo pensato a realizzarci, ad essere libere, a voler essere fiere di noi stesse, prima di tutto.

Abbiamo voluto non dare una vita precaria ad un figlio.

Abbiamo pensato che un equilibrio psichico fosse fondamentale per crescere un figlio sano.

Abbiamo pensato ad essere brave, preparate, così che nostro figlio possa essere fiero di noi.

La scelta di non volere figli, a volte, è imposta. Da noi stessi, sicuramente, ma è imposta. E forse non è così sbagliata, se la si guarda con gli occhi critici di chi ha raggiunto la pace con sé stessi!

Avere figli è un atto di piena responsabilità.

I figli non sono un giocattolo, ma sono delle persone.

Sai bene che dovrai sacrificare gran parte del tuo essere e dovrai dedicare del tempo a lui. Quella personcina che crescerà con i tuoi valori, la tua esperienza, la tua educazione, la tua etica.

Non è facile il ruolo dei genitori. Non te lo insegna nessuno. Sei tu e basta!

E quanto è difficile crescere un adulto sano? Tanto.

Quanto è difficile non trasmettere le tue tossicità, i tuoi disagi? Molto.

Non critichiamo chi ha deciso di non avere figli, ma cerchiamo di ascoltare la sua storia e comprendere le sue paure, le sue emozioni. La paura di poterlo perdere, ad esempio. E ci si aggrappa al pensiero che “tanto ancora non è arrivato!”, così da non soffrire qualora non dovesse continuare ad esserci.

Non è facile, in una società giudicatrice, scegliere di non avere figli.

È difficile in una società giudicatrice, scegliere di essere una donna SANA.

Non è accomodante accettare, in una società giudicatrice, scegliere di realizzare sé stesse, prima di metter al mondo dei figli.

Non posso che concludere con un semplice GRAZIE!

Grazie Chiara per la riflessione, per essere stata quella voce che non riusciamo a far uscire fuori, per averci deliziato ed insegnato la tua LIBERTÀ!