Psicologia

La pazienza delle donne e il coraggio di uccidere il silenzio

Nel 1992, al Festival di Sanremo, Mia Martini debuttò con “Gli uomini non cambiano”. Una canzone in cui parlava del suo difficile rapporto con gli uomini, partendo da quello paterno. Come tutte le bambine, anche lei era innamorata del suo papà. Ha cercato di cambiarlo, senza riuscirci.

La pazienza delle donne incomincia a quell’età: quando nascono in famiglia, quelle mezze ostilità.

“Gli uomini non cambiano” (Mia Martini)

La pazienza delle donne:

È la stessa che le porta a tenersi le botte di uomo piccolo, piccolo, quella che le consente di attendere una sentenza di condanna dei suoi stupratori. Grazie alla pazienza le fa andare avanti, tenendosi le cicatrici di “donna abusata”. È la stessa che le fa sopportare le offese sessiste, da parte di un datore di lavoro, di un conoscente, ecc…

Provate per un attimo a vedervi insieme a due uomini, vostri conoscenti, i quali – ad un certo punto – decidono di abusare di voi. “Solo” perché li avete rifiutati e loro non sono “abituati” al rifiuto.

Oppure, immaginate cosa possano provare quelle donne picchiate dal loro compagno: quel “principe azzurro” che aspettavano da tempo, quell’uomo che hanno scelto di avere accanto e con il quale, magari, hanno dei figli.

Immedesimatevi in coloro le quali, ogni giorno sono vittime di offese o violenze verbali, da parte di partner, datori di lavoro, amici, vicini di casa, zii, ecc.

L’emancipazione della donna, nonostante abbia portato ad una maggiore consapevolezza di noi stesse, ha scatenato una sorta di non accettazione del modello di “donna moderna” dalla società. E, di conseguenza, una serie di pregiudizi, che, ormai, sono parte integrante della stessa. Parecchi “uomini” (le virgolette sono d’obbligo!), perdendo quel ruolo di “cacciatore”, non riescono più a possedere la loro “preda” e si sentono liberi di poter raggiungere la loro supremazia con la forza.

Quello schiaffo, quel pugno, quel calcio, lasciano segni sulla pelle per qualche giorno e cicatrici indelebili per la vita.

Ma come si fa a riconoscere un uomo violento?

Intanto, diffidare ed allontanare sempre tutti coloro che alzano la voce: chiaro sintomo di una persona che si vuole imporre. Questo, infatti, potrebbe essere “solo” l’inizio. Arrivare allo schiaffo, al pugno, al calcio, all’abuso sessuale è un attimo!

Non esiste solo la violenza fisica e sessuale, ma anche quella psicologica: “uomini” che non usano le mani – la maggior parte delle volte, perché non vogliono lasciare segni – ma che usano le parole ed altri atteggiamenti non verbali (come lo stalking), per controllare la “propria” donna. La possessione è infatti, il cardine di tutto!

Quello schiaffo, quel pugno, quel calcio, quell’abuso, quell’offesa, quell’urlo, feriscono fisicamente e nell’animo. È difficile descrivere cosa si prova quando uno, estraneo o no, viola la tua intimità. Non si possono elencare le emozioni di quel momento. Quel misto di vergogna, sporco, quell’anima spoglia, quell’armatura costruita durante la tua vita, che piano piano cade ad ogni “colpo” ricevuto. E tu rimani lì. Nuda, priva di forze, segnata nella dignità.

Ogni storia è sicuramente a sé, ma le emozioni negative che suscita, sono abbastanza comuni. In quel momento ripensi a tutto. Alla tua famiglia, ai tuoi genitori, a tua sorella, a chi ti è accanto e speri che tutto possa finire. Invece no! Continuano a violarti, perché si sono resi conto che non ti è piaciuto. Perché “non può non piacerti”! E tu sei sempre lì, immobile, con loro addosso che fanno di te carne da macello.

Una volta terminato, rimani tu, con i tuoi dolori, le tue emorragie, le tue lacrime. Per la prima volta nella tua vita, non riesci a risollevarti. Sembra che il mondo ti sia caduto addosso. Hai solo voglia di levarti quell’onta di sporco che hai addosso, i loro “profumi”, il loro sudore. Butti tutto quello che avevi addosso, “contaminato” dal loro schifo. Pensi che una doccia potrebbe bastarti per lavare via quello che ti hanno lasciato. Ed invece no! Perché “sporco” non è il tuo corpo, ma la tua anima violata.

Il dopo, poi, è prendere consapevolezza di ciò che ti è successo. Il tuo equilibrio psicologico inizia a vacillare e la tua mente partorisce quel pensiero, abbastanza ricorrente in questi casi: “È COLPA MIA!”.

La colpa. Come se fossi tu l’artefice di ciò che hai subito. Non è una gonna un pochino più corta a causare la violenza. Non è un scollatura un po’ più pronunciata a provocarla. Gli umani hanno la razionalità di capire fin dove spingersi. Di capire se l’altra è d’accordo o meno, di accettare un rifiuto e di rispettare la scelta altrui. Se ciò non dovesse capitare, non è colpa tua per aver detto “no”, ma sua per non averti rispettata, come persona e come donna.

L’abuso è quel tunnel buio, fatto di ansie, angoscia, depressione, incubi notturni, rabbia, irritabilità, panico. Gli angeli che possono aiutarti ci sono e sono tanti. Il 1522 è un numero utile per segnalare che sei vittima di violenza. Oltre alle volontarie che risponderanno alle tue esigenze, puoi rivolgerti anche alle forze di polizia ed agli operatori sanitari, i quali ti guideranno nella denuncia e nei controlli medici da fare.

Denunciare ti aiuta a ricominciare a vivere, a riprendere la tua dignità, a rafforzarti.

Fatelo sempre. Chi non vi rispetta, non merita trattamento migliore!